sabato 23 settembre 2017

LA CHIESA TRIONFANTE II XII secolo

LA CHIESA TRIONFANTE
II XII secolo

Cè un aspetto per cui l'Europa occidentale è sempre stata profondamente diversa dall'Oriente. Nell'Oriente gli stili duravano migliaia di anni. L'Occidente fu sempre inquieto, proteso verso nuove soluzioni e nuove idee. Lo stile romanico non sopravvisse nemmeno fino alla fine del XII secolo. Gli artisti non avevano ancora finito di gettare le volte e di disporre le statue nella nuova e maestosa maniera che già un'idea faceva apparire goffe e antiquate tutte le chiese normanne e romaniche. Questa idea nacque nella Francia settentrionale fu lo stile gotico. Fu la scoperta che il metodo di gettare le volte delle chiese mediante nervature incrociate poteva essere sviluppato assai più coerentemente e con risultati assai più vasti di quanto non avessero sognato gli architetti normanni. Se era vero che i pilastri bastavano a reggere le nervature della volta fra le quali le altre pietre stavano come muri riempitivim allora i massicci muri fra i pilastri erano del tutto superflui. Si poteva erigere una sorta d'ossatura in pietra capace di tenere insieme l'intera costruzione. Occorrevano soltanto pilastri snelli e costoloni stretti. Non c'era bisogno di pesanti muri di pietra: si potevano, anzi, aprire ampie finestre. L'ideale degli architetti fu allora costruire chiese come noi costruiamo serre. Ma poiché non disponevano di ossature d'acciaio o di travi di ferro, dovevano farle in pietra. questa fu l'idea che ispirò le cattedrali gotiche e che sviluppò nella Francia settentrionale nella seconda metà del XII secolo. 
Occorreva una quantità di altre invenzioni tecniche a rendere possibile il miracolo. Gli archi a tutto sesto dello stile romanico, per esempio, non erano adatti ai fini dei costruttori gotici giacché dovevano superare lo spazio fra due pilastri con un arco e un semicerchio, c'è un solo modo di portare l'impresa a termine. La volta raggiungerà sempre quella dat altezza, né più né meno. Per arrivare più in alto bisogna costruire un arco più acuto. In questocaso è meglio rinunnciare all'arco a sesto acuto, che presenta il grande vantaggio di essere variabile a seconda dei casi, ovvero più aperto a seconda delle necessità della costruzione. 
Le pesanti pietre della volta non pressano solo verso il basso ma anche verso i lati, press'a poco come un arco teso. Anche in questo caso l'arco a sesto acuto rappresentava un progresso su quello a tutto sesto, ma i pilastri non erano ancora in grado di sostenere questa pressione esterna, cosicché furono necessarie robuste armature oer tenere insieme l'intera struttura. Che cosa si poteva fare per la navata centrale? Bisognava puntellare dal di fuori, aal di sopra delle navate laterali. Ed ecco venire introdotti gli "archi rampaanti" a completare l'ossatura della volta gotica. 


Cattedrale di Notre-Dame. Parigi 1163-1250

Una chiesa gotica sembra sospesa fra queste strutture snelle di pietra, come una ruota di bicicletta formata dai suoi sottilissimi raggi ne sopporta il carico. In entrambi i casi è la distribuzione uniforme del peso a rendere possibile l'impiego di una quantità molto minore di materiale senza compromettere la saldezza dell'insieme. 


Robert de Luzarches. Navata della cattedrale di Amiens. 1218-1247

Stando all'interno di una cattedrale gotica, siamo portati a comprendere il complesso gioco di spinta e controspinta che mantiene l'alta volta al suo posto. Non ci sono muri ciechi o pilastri massicci. L'interno pare tutto intessuto di una rete di fusti sottili e costoloni che copre la volta e corre lungo i muri delle navate per poi raccogliersi nei pilastri, fasci di verghe in pietra. Perfino sulle vetrate s'intreccia il gioco di queste linee, a costruire l'ornato. 


Sainte-Chapelle. Parigi 1248

Le grandi cattedralli, le chiese dei vescovi (cathedra: trono del vescovo), del tardo XII secolo e dei primi XIII erano in genere concepite su scala così ardita e magnifica che poche, vennero condotte a termine esattamente secondo il progetto. Le nuove cattedrali davano l'idea di un mondo diverso ai fedeli, che avevano udito nei sermoni e negli inni parlare della Gerusalemme celeste con le sue porte di perle, le sue gemme innesti mobili, le sue strade di oro puro e di vetro trasparente. Ora questa visione era scesa dal cielo in terra. Le mura di queste costruzioni erano ricche di vetri istoriati che brillavano come rubini e smeraldi. I pilastri, i costolini e l'ornato rilucevano di ori. Tutto quanto era pesante, terrestre o comune era stato bandito. Il fedele che si fosse abbandonato alla contemplazione di tutta questa bellezza poteva sentirsi prossimo a capire i misteri di un regno sottratto alle leggi della materia. 
Anche visti da lontano, questi edifici miracolosi paiono proclamare le grazie del Cielo. La facciata di Notre-Dame a Parigi è forse un esempio insuperabile.



Cattedrale di Notre-Dame. Parigi 1163-1250

La disposizione dei portali e dei finestroni e così armoniosa e disinvolta l'ornato della galleria così leggero e grazioso che dimentichiamo il peso della massa di pietra, e l'intera struttura sembra ergersi di fronte a noi come un miraggio. 


Portale della cattedrale di Chartres 1194

Un senso consimile di aerea leggerezza, lo riscontriamo anche nelle sculture che come ospiti celesti affiacano i portali. Il maestro che lavorò al portale settentrionale della cattedrale gotica di Chartres 126, infuse vita in ciascuna delle figure. Esse possono muoversi e guardarsi l'un l'altro solennemente e la morbidezza del drappeggio sembra dire ancora una volta che sotto quelle pieghe si cela un corpo. Ognuna di esse è individuata chiaramente e doveva essere riconoscibile a chiunque conoscesse l'Antico Testamnto. Ecco infatti Abramo il vecchio che tiene innanzi a se il figlio Isacco pronto a essere sacrificato. Possiamo anhe riconsocere "Mosè", dalle tavole dei dieci comandamenti che regge in mano insieme alla colonna con il serpente di bronzo di cui si serviva per risanare gli israeliti. L'uomo accanto ad Abramo è Melchisedec, re di Salem, del quale la Bibbia ci narra che era "sacerdote di Dio altissimo" e che offrì "pane e vino" in segno di benvenuto ad Abramo dopo una battaglia vittoriosa. Nella teologia medievale egli era pertanto considerata il modello del sacerdote che amministra i scramenti; per questo è contrassegnato dal calice e dal turibolo del sacerdote. Così, quasi ogni statua è chiaramente cotrassegnata da un attributo e il suo significato e il suo messaggio potevano essere compresi e meditati dai fedeli. Nel loro insieme, esse incarnano la dottrina della Chiesa, come le opere di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente. Lo scultore gotico, ha affrontato il suo compito con uno spirito nuovo. Per lui queste statue non sono soltanto simboli sacri solenni testimoni di verità morale. Ognuna di esse dovette essere per lui fine a sé stessa, diversa dallaa vicina nell'atteggiamento, e nel tipo di bellezza, e investita di una dignità individuale. 
La cattedrale di Chartres appartiene ancora in gran parte del tardo XII secolo. Dopo l'anno 1200 molte nuove e magnifiche cattedrali sorsero in Francia e nelle vicine contrade, in Inghilterra, in Spagna e nella Renania. Molti dei maestri che vi contribuirono avevano imparato la loro arte al tempo delle prime costruzioni gotiche, ma tutti tentarono di aggiungere qualcosa alle conquiste dei predecessori. 

Morte della Vergine

Nella figura un aprticolare della cattedrale gotica di Strasburgo, risalente all'inizio del XIII secolo esso rappresenta la morte della Vergine, i dodici apostoli sono intorno al suo capezzale, Maria Maddalena le sta davanti i ginocchio. Cristo, nel mezzo, riceve l'anima della Vergine tra le braccia. L'artista era ancora preoccupato di conservare qualcosa della solenne simmetria del periodo anteriore. E' facile vedere come egli progettasse il gruppo disponendo le teste degli apostoli attorno all'arco, due apostoli a piedi e a capo del letto in posizione simmetrica e la figura di Cristo al centro. Possiamo vedere l'espressione dolorosa dei bei volti degli apostoli, le sopracciglia contratte e lo sguardo intenso. Che di loro sollevano le mani al volto nel gesto tradizionale del dolore. Ancora più espressivi sono il volto e la figura di Maria Maddalena, che raggomitolata accanto al letto si torce le mani: l'artista riuscì mirabilmente a segnare il contrasto fra la sua espressione e quella serena e beata della Vergine. Gli artisti gotici, volevano impadronirsi dell'antica formula dei corpi drapeggiati quale era stata loro trasmessa. E riconquistarono così la perduta abilità classica di lasciar intravedere la struttura del corpo sotto le pieghe del drappeggio. il modo con cui traspaionoi piedi e le mani della Vergine e la mano del Cristo da sotto al panno mantra che gli scultori gotici non si interessavano più soltanto di ciò che rappresentavano, ma anche dei problemi espressivi. Ancoora una volta, cominciaronoo a considerare la natura non tanto per copiarla quanto per imparare da essa il modo di rendere persuasiva una figura. Gli artisti greci del V secolo si interessavano soprattutto al modo di costruire un bel corpo. Per l'artista gotico tutti questi metodi e accorgimenti non sono che mezzi per giungere a uno scopo: narrare la storia sacra nel mondo più commovente e presuasivo possibile. Egli non racconta una storia fine a sé stessa, ma lo fa per il messaggio che reca e per il godimento e l'edificazione che può deriverne al fedele. L'espressione di Cristo che, contempla l'agonia della Vergine lui era certo più importante che non l'abile resa della musciolatura. 
Lo scrittore cui venne affidato intorno al 1260 l'incarico di rappresentare i fondatori della cattedrale di Naumburg, in Germania, ci induce quasi a credere che abbia preso a modello i nobili del tempo. 


Ekkehart e Uta 1260

Le sue staute di uomini e donne sembrano essere pronte in qualsiasi momento a scendere dai piedistalli e a unirsi alla brigata di quei robusti cavalieri e dame gentili le cui gesta e passioni riempiono le pagine dei nostri libri di storia. 
Lavorare con le cattedrali era il compito principale degli scultori nordici del XIII secolo. Il compito più frequentemente affidato ai pittori nordici della stessa epoca, era la miniatura dei manoscritti, ma lo spirito di queste illustrazioni era ormai diverso da quello delle solenni pagine dei libri romanici. Una pagina di un salterio del XIII secolo, rappresenta la sepoltura di Cristo, lo stesso soggetto e lo stesso spirito dell'altorilievo della cattedrale di Strasburgo. La Vergine si curva sul cadavere del Cristo e la abbraccia, mentre san Giovanni si torce disperato le mani. Come nell'altorilievo, constatiamo lo sofrozo dell'artisa per racchiudere la scena in una compasizione regolare: gli angeli negli angoli superiori escono dalle nubi reggendo turiboli, e i servi degli strani cappelli a punta, simili a quelli che, portavano gli ebrei nel medioevo, sollevarono il corpo del Cristo. L'intensità dell'espressione e la regolare distribuzione delle figure, sulla pagina erano per l'artista evidentemente più importanti di qualsiasi tentativo di rendere vive o di rappresentare una scena reale. Poi quanto non fosse intenzione dell'artista rappresentare le cose come le vediamo in realtà, la conoscenza che possedeva del corpo umano (come quella del maestro di Strasburgo), era infinitamente maggiore di quella del miniaturista del XII secolo. 
Nel XIII secolo, gli artiti cominciarono talvolta ad abbandonare i loro schemi canocnici, per rappresentare che li interessava. L'artista medievale, cominciava facendo l'apprendista da un maestro: lo assisteva, eseguiva gli ordini, completava le parti relativamente poco importanti di un quadro. A poco a poco imparava a rappresentare un apostolo e a disegnare la Vergine. Imparare a copiare e a riadattare scene di libri antichi e a inserirle entro composizioni diverse. Infine, acquistava tanta abilità da riuscire perfino a illustrare una scena senza valersi di modello. Mai però nella sua carriera si sarebbe trovato dinnanzi alla necessità di prendere un taccuino e disegnarci qualcosa dal vero. Nel medioevo, l'artista si limitava a disegnare una figura convenzionale, con le insegne di una determianata carica: una corona e uno scettro per un re, una mitra e un pastorale per un vedovo, e fors'anche vi scriveva sotto il nome, per evitare equivoci. E' quindi tanto più notevoleche, in certe occasioni, gli artisti del XIII secolo disegnassero effetivamente qualcosa dal vero.


Matthew Paris. Un elefante con il guardiano. 1255

 La figura ci mostra appunto una di queste eccezioni. E' l'immagine di un elefante dovuta allo storico inglese Matthew Paris (morto nel 1259), a metà del XIII secolo. Quest'elefante era stato mandato da san Luigi, re di Francia, a Enrico III nel 1255, ed era il primo che mai fosse stata vista in Inghilterra. La figura del servo accanto all'animale non ha una somiglianza molto convincente, per quanto ce ne venga dato il nome, Henricus de Flor. In questo caso l'artista si sia preoccupato di conservare le giuste proporzioni. Un'iscrizione latina tra le zampe dell'elefante dice: "Dalle dimensioni dell'uomo puoi immaginarti le dimensioni della bestia qui rappresentata". Gli artisti medievali, almeno nel XIII secolo si rendevano conto delle proporzioni e che, se così spesso lo trascuravano non era, per ignoranza ma semplicemente perché non le consideravano importanti. 
Nel XIII secolo l'Università di Parigi era il centro intellettuale dell'Occidente. In Italia, terra di Comuni in lotta tra loro le idee e i metodi dei grandi costruttori francesi avidamente imitati in Germania e in Inghilterra, ma incontrarono daprima grandi successo. 


Nicola Pisano. Annunciazione, natività e pastori 1260

Fu solo nella seconda metà del XIII secolo che uno scultore italiano, prese a emulare l'esempio dei maestri francesi e a studiare i metodi della scultura classica al fine di meglio rappresentare la natura. Era Nicola Pisano, che lavorò in quel grande porto di mare e centro commerciale che fu Pisa, mostra uno degli altorilievi di un pulpito che egli portò a termine nel 1260. Pisano seguiva la prassi medievale di unire più storie nello stesso riquadro. Così l'angolo sinistro, dell'altorilievo è occupato dal gruppo dell'annunciazione e il centro dalla nascita di Cristo. La Vergine è sdraiata sul pagliericcio, san Giuseppe rannicchiato in un angolo e due servi sono occupati a fare il bagno al Bambino. Sembra che un gregge di pecore si accalchi vicino a loro, ma questo in realtà appartiene a un terzo episodio la storia dell'annuncio ai pastori, rappresentato nell'angolo destro dove ritroviamo il Bambino nella mangiatoia. Lo scultore si è sforzato di dare a ogni episodio il suo giusto posto e di fissarne i particolari più vivaci. Si vede come si compiacesse di dettagli realistici per esempio, il caprone che nell'angolo destro si gratta la testa, con lo zoccolo e si intuisce quanto dovesse allo studio della scultura classica e paleocristiana, se si osserva la resa delle teste e delle vesti. Nicola Pisano aveva appreso dagli antichi la tecnica che permette di rivelare le forme corporee sotto il drappeggio, e di conferire dignità e verità alle sue figure. 
Città come Venezia erano in stretto contatto con l'impero bizantino e gli artisti italiani guardarono piuttosto a Costantinopoli che a Parigi per ricevere ispirazione e guida. Nel XIII secolo le chiese italiane erano ancora decorate di solenni mosaici alla maniera greca. 
Quando, verso la fine del XIII secolo il mutamento si annunziò, furono le solide basi della tradizione bizantina che resero possibile all'arte italiana non solo di raggiungere le conquiste degli scultori delle cattedrali nordiche, ma da rivoluzionare tutt'intera l'arte della pittura. 
Lo scultore non ha da preoccuparsi di creare un'illusione di profondità mediante il chiaroscuro e lo scorcio. La sua statua campeggia nello spazio reale e nella luce reale. Ecco perché gli scultori di Strasburgo e Naumburg potevno raggiungere un grado di verosimiglianza che nessuna pittura del XIII secolo riusciva a eguagliare. Poiché la pittura nordica aveva abdicato a ogni pertesa di illusione naturalistica. I suoi canoni compositori e narrativi erano dettati da intenti completamente diversi. 
L'arte bizantina nonostante la sua rigidezza, aveva conservato le scoperte di pittori ellenistici più di quanto fossero sopravvissute nelle miniature dell'alto medioevo occidentale. 
Giotto di Bondone (1267-1337), si è soliti iniziare con Giotto un nuovo capitolo; gli italiani erano convinti che un'epoca completamente nuova nell'arte era cominciata con l'apparizione di quel grande, e vedremo che avevano ragione. Ma, nonostante tutto ciò non può non essere inutile ricordare  che in realtà nella storia non vi sono capitoli e inizi nuovi e che non si toglie nulla alla grandezza di questo rendendosi conto che i suoi metodi devono parecchio ai maestri bizantini, e i suoi fini e il suo orientamento ai grandi scultori delle cattedrali nordiche. 
Le opere più famose di Giotto sono pitture murali o affeschi (così detti perché devono essere dipinti sul muro mentre l'intonaco è ancora fresco, cioè umido). Fra il 1302 e il 1305 egli ricoprì i muri della chiesetta di Padova con storie della vita della Vergine e di Cristo. Sotto vi dipinse personificazioni di virtù e vizi quali talvolta ne troviamo nei portali delle cattedrali nordiche. 


Giotto di Bondone. La fede 1305

La figura mostra l'immagine della Fede, una matrona che in una mano regge una croce e nell'altra una pergamena. Ma qui non siamo di fronte a una statua bensì a una pittura che dà l'illusione di una statua a tutto tondo: ed ecco le braccia viste di scorcio, la modellatura del volto e del collo, le anche accentuate e le pieghe fluenti del drappeggio. Erano mille anni che non si era fatto niente di simile. Giotto aveva riscoperto l'arte di creare su una superficie piatta l'illusione della profondità. 
Giotto si conformava al consiglio dei frati predicatori che portavano il popolo a rappresentare nella mente, leggendo la Bibbia, le azioni dei santi, l'esodo della famiglia di un falegname in Egitto e la crocifissione di Nostro Signore come questi eventi potevano essere realmente avvenuti. Tra gli affreschi di Giotto a Padova troviamo il lamento sul corpo del Cristo morto e la Vergine che abbrccia il figlio per l'ultima volta. 


Giotto di Bondone. Compianto sul Cristo morto. 1305

La pittura di Giotto è ben più di un surrogato della parola scritta. Ci pare di essere testimoni ddell'evennto reale come se fosse recitato sul proscenio. Col il movimento appassionato del San Giovanni, curvo in avanti con le braccia aperte. Se tentiamo di immaginare la distanza tra le figure rannicciate del primo piano e san Giovanni sentiamo subito che tra di loro c'è atmosfera e spazio, e che potrebbero muoversi. Le figure in primo piano mostrano quanto l'arte di Giotto fosse in ogni senso innovatrice. Giotto ci mostra il dolore della drammatica scena, riflesso in ogni figura in modo tanto persuasivo, che lo avvertiamo perfino nelle figure rannicchiate, i cui volti ci rimangono nascosti. 
La fama di Giotto volò fino ai più lontani paesi. La gente di Firenze si interessava della sua vita e raccontava aneddoti sul suo ingegnoe la sua abilità.

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