lunedì 11 settembre 2017

LA STRADA SI BIFORCA Roma e Bisanzio (V-XIII secolo)

LA STRADA SI BIFORCA
Roma e Bisanzio (V-XIII secolo)

Quando nell'anno 313 d.C., l'immperatore Costantino proclamò per il cristianesimo libertà di culto, la Chiesa si trovò ad affrontare problemo enormi. Diventata la potenza più salda dell'impero, la Chiesa doveva ormai riprendere in esame tutto il suo atteggiamento verso l'arte. I luoghi di culto non potevano essere edificati sulla falsariga dei templi antichi: la loro funzione era completamente diversa. L'interno del tempio generalmente non consisteva che in un sacrario per la statua del dio: le processioni e i sacrifici si svolgevano all'esterno. In chiesa, doveva trovar posto l'intera comunità radunata per l'ufficio divino, intorno al sacerdote che celebrava la messa sull'altare maggiore o predicava. Così le chiese vennero costruite sullo schema di certe grandi sale note nel periodo classico, con il nome di "basiliche" cioè, approssimativamente "sale regie", e adibite a mercati coperti e tribunali. Erano perlopiù ampie sale oblunghe con scomparti più stretti e bassi ai due lati, divisi dalla sala centrale mediante file di colonne. Nel fondo si apriva lo spazio semicircolare dell'abside, dove colui che presiedeva al raduno, o il giudice, poteva sedere. La madre dell'imperatore Costantino fece far edificare appunto una simile basilica per adibirla a chiesa, e ada allora il termine si applicò a tutte le cotruzioni del genere. Nella nicchia a semicerchio o abside si alzava l'altare maggiore, verso il quale si volgevano gli sguardi di tuti i fedeli. La parte dell'edificio riservata all'altare fu denominata "coro". La sala principale posta al centro, in cui si radunava la congregazione, venne in seguito detta "navata", mentre gli scomparti laterali più bassi, vennero chiamati navate laterali e "ali". La navata principale era ricoperta da un soffitto di legno e di travi, della parte alta erano visibili, mentre le navate centrali erano generalmente a soffitto piatto. Le colonne che separavano la navata centrale dalle laterali erano spesso sontuosamente decorate.


Sant'Apollinare in classe a Ravenna 530 ca

La decorazione delle basiliche fu un problema assai più arduo e serio, si presentò, la questione delle immagini sacre. Su un argomento erano d'accordo quasi tutti i primi cristiani: nella casa di Dio non ci dovevano essere statue, troppo simili alle sculture e agli idoli pagani condannati dalla Biibbia. Ma benché tutti i cristiani devoti osservatori le grandi statue di proprorzioni umane, le loro idee circa le pitture differivano alquanto, e vi erano alcuni che le ritenevano utili in quanto aiutavano la comunità a ricordare gli insgnamenti ricevuti e a mantenere desto il ricordo della storia sacra. Questo fu il punto di vista adottato nelle regioni occidentali, latine, dell'impero e questa fu la direttiva di papa Gregorio Magno, vissuto nella seconda metà del VI secolo. Ricordò a quanti avversavano ogni pittura che molti membri della Chiesa non sapevano leggere nè scrivere, e che, per indottrinarli, i dipinti erano utili quanto ai fanciulli le immagini di un libro illustrato. 
Secondo gli intendimenti di Gregorio, il soggetto doveva essere rappresentato nel modo più chiaro e semplice possibile, escldendo tutto quanto potesse sviare l'attenzione delle due sacrosante finalità. In un primo tempo gli artisti continuarono a usare i metodi narrativi propri dell'arte romana, ma a poco a poco presero a concentrarsi sull'essenziale. Un mosaico del 500 di una basilica di Ravenna, laborosiamente composto di cubetti di pietra o di vetri che ricoprono l'interno della chiesa sprigionando colori interni e caldi, con un effetto di solenne splendore. Grazie al modo con cui è raccontato l'episodio, lo spettatore ha l'impressione che qualcosa di sacro e di misericordioso si stia svolgendo. La fiducia ferma e tranquilla di Cristo occupa il centro del mosaico: ma non è il Cristo barbuto che noi conosciamo, bensì il giovaane dai lunghi capelli che viveva nella fantasia dei primi cristiani. Indossa una veste puurpurea, e in un gesto di benedizione tende le braccia verso i due apostoli, ai lati che con le mani coperte (tributi ai sovrani), gli offrono il pane e i pesci perché compia il miracolo. La scena ha l'aspetto di una cerimonia solenne. Per lui non si trattava soltanto di un singolare miracolo avvenuto in palestina qualche secolo prima. Era il simbolo e la prova del potere perpetuo di Cristo impersonato nella Chiesa. Ecco perché Cristo guarda con tanta fissità lo spettatore: è lui che Cristo vuole sfamare. 
Sulle prime il mosaico sembra rigido, duro. La posizione rigorosamente frontale delle figure ci può perfino ricordare certi disegni infantili. Eppure l'artista doveva conoscere bene l'arte greca. Così l'arte cristiana del medioevo divenne un curioso miscuglio di metodi primitivi e di tecniche raffinate. La capacità di osservazione della natura, attorno al 500 d.C. si spense di nuovo. Le scoperte che erano state fatte non andarono però perdute. L'arte greca e quella romana fornivano un immenso repertorie di figure sedute, in piedi, curve o nell'atto di cadere: tutti potevano rivolgersi utili nella narrazione di un episodio, e quindi vennero assiduamente copiate e adattate a contesti sempre nuovi. Ma il fine cui venivano volte era ormai così radicalmente diverso che non dobbiamo stuirci se, esteriormente, i dipinti tradiscono così poco le loro origini classiche. 
C'era un partito, ddetto degli iconoclasti, avverso a tutte le immagini sacre, quando nel 754, esso prevalse, tutta l'arte sacra venne vietata nella Chiesa Orientale. Ma gli avversari degli iconoclasti erano ancora meno d'accordo con le idee di papa Gregorio. Per loro le immagini non erano solo utili, ma sante. Quando il partito degli iconoduli ebbe ripreso il potere dopo un secolo di repressioni, le pitture in una chiesa non poterono più considerarsi pure e semplici illustrazioni a uno degli analfabeti. Erano ormai ritenute misteriose emanazioni del mondo soprannaturale. La Chiesa orientale, non poteva più tollerare a lungo che l'artista sbrigliasse in simili opere la propria fantasia. Non poteva essere accettata come vera immagine sacra o "icona" della Madre di Dio una qualsiasi bella pittura, di una madre con il bambino bensì esemplari consacrati da una tradizione secolare. 


Madonna con il bambino sul trono. 1280 ca

I bizantini divennero intransigenti come gli egizi. Due furono le conseguenze. Chiedendo al pittore di immagini sacre di attenersi strettamente degli antichi modelli, la chiesa bizantina aiutò a preservare i concetti e le conquiste, dell'arte greca per quanto riguarda la tecnica del drappeggio, dei volti o dei gesti. Se guardiamo una pala d'altare bizantina rappresentante la Madonna, essa potrà sembrarci molto remota dalle conquiste dell'arte greca. Eppure il modo incui le pieghe drappeggiano il corpo irraggiandosi attorno ai gomiti e alle ginocchia, il modellato del viso e delle mani, mediante l'accentuazione delle ombre, e perfino la linea curva del trono della Madonna, sarebbero stati impossibili senza le conquiste della pittura ellenistica e romana. L'arte bizntina rimase quindi più vicina alla natura che non l'arte occidentale dei pericoli successivi. L'importanza coonferita alla tradizione e alla necessità di attenersi ai soli moduli pagani, nelle raffigurazioni di Cristo o della Vergine tapparono le ali all'ooriginalità degli artisti bizantini. Gli artisti trasformarono le semplici illustrazioni dell'arte paleocristiana in due vasti cicli di grandi e solenni immagini che campeggiano negli interni delle chiese bizantine. L'Impero di Bisanzio era ristretto a far rivivere qualcosa della grandiosità e della maestà dell'antica arte d'Oriente impiegandola a gloria di Cristo e della sua potenza.


Cristo Sovrano dell'universo, Madonna con il Bambino, e i santi 1190

 Ci dà un'idea dell'intensità suggestiva che quest'arte può raggiungere. E' l'abside della cattedrale di Monreale in Sicilia, decorata da artisti bizantini poco prima del 1190. La Sicilia apparteneva alla chiesa occidentale e romana, e ciò spiega perché tra i santi disposti in fila, sui due lati della finestra si trovi la rappresentazione di San Tommaso Becket del cui assassinio si era diffusa la notizia in Europa una ventina d'anni prima. I fedeli radunati nella cattedrale i trovarono di fronte la maestossa figura del Cristo rappresentato come sovrano dell'universo, la destra levata a benedire. Sotto, la Vergine, seduta in trono come un'imperatrice, attorniata da due arcangeli e da una schiera solenne di santi. 
Immagini come queste, si rivelano come simboli così perfetti della divina Verità che pareva non occorresse mai più abbandonarli. Così esse conservarono la loro influenza in tutti i Paesi retti dalla Chiesa orientale. Le immagini sacre o "icone" dei russi riflettono ancora oggi le grandi creazioni degli artisti bizantini

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