domenica 31 dicembre 2017

Cortigiani e borghesi. Il XIV secolo

CORTIGIANI E BORGHESI
II XIV secolo

Il Duecento era stato il secolo delle grandi cattedrali. Il lavoro in queste immense imprese continuò nel Trecento e persino più in là. A metà del XII secolo, quando lo stile gotico si stava appena sviluppando, l'Europa era ancora un continente di contadini scarsamnte popolato, che aveva nei monasteri e nei castelli baronali i suoi massimi centri di potere e di cultura. L'ambizioni delle grandi diocesi di avere ppossenti cattedrali fu il primo indizio, di un risvegliato orgoglio civico. Ma centocinquant'anni  più tardi tali città erano diventate centri fecondi, di commerci la cui borghesia si sentiva sempre più indipendente dal potere della Chiesa e dei signori feudali. I nobili si trasferivano nelle città, dotate da agi e raffinatezze,  in cui potevano dispiegare la loro opulenza alle corti dei grandi. Le opere di Chaucer, con i suoi cavalieri e gentiluomini di campagna, frati e artigiani. 
In Inghilterra si fa una distinzione fra lo stile gotico puro delle prime cattedrali conosciuto come "gotico primitivo inglese",  lo sviluppo posteriore, conosciuto come "gotico fiorito". I costruttori gotici del Trecento, amavano mostrare la loro abilità, nella decorazione e nella complessità dell'ornato. La facciata ovest della cattedrale di Exeter è un tipico esempio di tale gusto. 


Cattedrale di Exeter 1350-1400
Nelle prospere città in via di sviluppo, venivano costituiti molti edifici secolari, minicipi, sedi di corporazioni, collegi, palazzi, ponti e porte cittadine. 


Palazzo Ducale a Venezia. Iniziato nel 1309

Il Palazzo Ducale di Venezia iniziato nel Trecento quando la potenza e la prosperità della Serenissima erano all'apice. La fase successiva del gotico, bnché indulgesse il decorativismo e all'ornato, poteva tuttavia raggiungere un suo effetto grandioso. 
Le opere più caratteristiche della struttura del Trecento sono i lavori più minuti in metallo prezioso e in avorio; nei quali eccellevano gli aritefici del tempo. Una statuetta d'argento della Vergine creata da un orafo francese. Opere del genere, erano per lo più destinate a qualche cappella privata. Non intendono ispirare amore e tenerezza. L'orafo parigino pensa alla Vergine come una madre reale, e a Cristo come a un bambino vero e proprio, con la manina tesa verso il volto della madre. La Vergine appoggia il braccio sul fianco per reggere il Bambino e piega lievemente il capo verso di lui, così che tutto il corpo pare ondeggiare impercettibilmente in un'aggraziata curva, molto simile a una "esse". Era questo un modo caro agli artisti gotici di quel periodo: infatti l'autore della storia: infatti l'autore della statua probabilmente non inventò né l'ateggiamento particolare della Madonna né il motivo del Bambino che gioca. Il suo contributo personale fu la squisita rifinitezza di ogni particolare, la bellezza delle mani, le pieghe del braccio del Bambino, la meravigliosa superficie d'argento dorato e di smalto è l'esatto equilibrio della statua con la testa piccola e graziosa sul corpo snello allungato. Particolari come quello del drappeggio ricadente sul braccio destro mostrano la cura infinita dell'artista nel trovare linee aggraziate e armoniose. Esse furono eseguite per essere apprezate da veri intenditori e considerate cose preziose e degne di alta considerazione. 
L'amore dei pittori trecenteschi per la grazia e la delicatezza di particolari si può constatare in famosi manooscritti miniati, come il salterio inglese noto come il Salterio della regina Maria. Viene rappresentata la disputa di Cristo con gli scribi nel tempio. Cristo siede su un seggio altissimo e spiega qualche punto della dottrina, accompagnandosi con quel gesto che negli artisti medievali caratteriizzava ii maestro. gli scribi ebrei invece alzano le mani in atteggiamenti di meraviglia e di sgomento, e così pure i genitori di Cristo che entrano in quel punto sulla scena, guardandosi stupiti. L'artista non coonosce ancora la maniera giottesca di rappresentare un episodio rendendolo vivo. Cristo aveva dodici anni è piccolo rispetto agli adulti e l'artista non tanta di diminuire fra una figura e l'altra un certo spazio. Tutte le facce sono disegnate secondo un'unica semplice formula, con le sopracciglia ad arco, la bocca volta in giù i capelli e la barba ricciuti. In fondo alla pagina, un'altra scena che non ha nulla a che fare con il sacro testo. E' un tema della vita quotidiana di quei tempi, la caccia delle anatre con il falco. Con gran diletto dell'uomo e delle donne a cavallo, e del ragazzo che li precede, il falco è appena calato su un'anatra, mentre altre due stanno fuggendo. L'artista, ha studiato vere anatre e veri falchi, prima di dipingere la scena profana. Forse la narrazione biblica gli incuteva troppo rispetto per potervi introdurre immagini di vita reale, e preferì tenere separate le due cose: la narrazione nitida e simbolica con atteggiamenti di pronta e facile lettura e senza particolari capaci di distrarre, e, sul margine della pagina, quel tratto di vita reale, che ricorda ancora una volta come questo sia il secolo di Chaucer. Nel corso del Trecento, laggraziata narrazione e l'osservazione fedele, vennero gradatamente fusi. 


Simone Martini e Lippo Memmi. L'Annunciazione 1333

In Italia a Firenze, l'arte di Giotto aveva mutato l'intera concezione della pittura. L'influenza delle idee di Giotto andò nelle regioni al di là delle Alpi, proprio mentre gli ideali dei pittori gotici del Nord cominciavano a influenzare i maestri meridionali. Fu a Siena, la grande città toscana rivale di Firenze, che il gusto e l'arte noordici fecero una profondissima impressione. Il grande maestro della generazione di Giotto, Duccio di Buoninsegna, (1255/1260 - 1315/1318), aveva tentato e con successo di immettere nuova vita nelle vecchie forme biizantine anziché scartarle senz'altro. La pala d'altare, è opera di due giovani artisti di questa scuola - Simone Martini (1285?-1344) e Lippo Memmi (morto nel 1347?). Essa ci mostra fino a che punto gli ideali e l'atmosfera generale del Trecento fossero stati accolti dall'arte senese. Rappresenta quel momento dell'annunciazione in cuui l'arcangelo Gabriele giunge dal cielo per salutare la Vergine, e possiamo leggere le parole che gli escono di bocca: "Ave, gratia plena". Nella sinistra stringe un ramoscello d'ulivo simbilo di pace; la destra è alzata come se si accingesse a parlare. La Vergine stava leggendo. L'apparizione dell'angelo l'ha colta di sorpresa. Ella si ritrae con un moto di sgomento e di umiltà, mentre si volge a guardare il messaggero celeste. Tra i due è un vaso di gigli bianchi, simbolo di verginità, e in alto nell'arco acuto centrale vediamo la colomba, simbolo dello Spirito Santo, cirncondata da cherubini quadrialati. Questi maestri amavano amavano le curve gentili del drappeggio fluente e la grazia dei crpi snelli. Tutto il dipinto asssomiglia ad una veziosa opera d'orafo, con le figura stagliate su un fondo d'oro, e tanto abilmente disposte da formare un'ammirevole composizione. I pittori avevano imparato dalla tradizione medievale l'arte di distribuire le figure in uno schema. Il vaso è un vero vaso che poggia su un vero pavimento di pietra, e possiamo individuarne esattamente la posizione in rapporto all'angelo e alla Vergine. Il banco su cui siede la Vergine è un vero banco che si prolunga nello sfondo, e il libro che la Madonna tiene in mano è non soltanto il simbolo di un libro, ma un vero libro di preghiere investito dalla luce e con un pò d'ombra tra pagina e pagina, che l'artista deve aver accuratamente studiato dal vero. 
Giotto fu contemporaneo di Dante, che lo menziona nella Divina Commedia, Simone Martini, fu amico di Petrarca, il massimo poeta italiano della generazione successiva, dai cui sonetti iin onore di Laura apprendiamo che il pittore fece a quest'ultima uun ritratto carissimo allo scrittore. Nel medioevo gli artisti si accontentavano di usare qualsiasi figura convenzionale di uomo e di donna scrivendovi sopra il nome della persona effigiata. Questo artista e altri maestri del Trecento dipingevano secondo natura, ciò si deve forse proprio a Simone Martini e a quel suo modo di interpretare la natura e osservarla in tutti i particolari. Come Petrarca, Simone Martini passò parecchi anni alla corte pontificia, che a quel tempo era ad Avignone, in Francia. La Francia era ancora il centro dell'Europa, e le idee e gli stili francesi esercitavano ovunque grande influenza. La Germania era governata da una famiglia oriunda del Lussemburgo che aveva la sua residenza a Praga. Nella cattedrale di Praga c'è una meravigliosa collezione di gusti rispondenti a questo periodo (tra il 1379; e il 1386), che rappresentano i benefattori della chiesa. Ma ora non c'è più diubbio: siamo di fronte a veri ritratti, poiché la serie include i busti dei contemporanei, compreso uno dell'artista cui era affidata l'opera; Peter Parler il Giovane (1330-1399), che è con ogni probabilità, il primo vero autoritratto di un'artista a noi noto. 


Peter Parler il Giovane. Autoritratto, 1379-1386



La Boemia divenne uno dei centri attraverso i qualil'influenza italiana e francese si diffuse su più larga scala, giungendo fino ai Paesi lontani come l'Inghilterra, dove Riccardo II aveva sposato Anna di Boemia. L'Inghilterra commerciava con la Borgogna: l'Europa infatti, costituiva ancora una grande unità. Gli artisti e le idee passavano da un centro all'altro. Allo stile sorto da questo scambioverso la fine del Trecento gli storici hanno dato il nome di "gotico internazionale". Un mirabile esempio lo troviamoin Inghilterra, nel cosiddetto Dittico di Wilton House: anch'esso perpetua l'effigie di un personaggio storico, cioè lo sfortunato marito di Anna di Boemia, Riccardo II. Questi è ritratto inginocchiato iin preghiera mentre san Giovanni Battista e due santi patroni della famiglia reale, lo raccomandano alla santa Vergine; questa pare ergersi sul prato fiorito del giardino, circondata da angeli di radiosa bellezza, che recano tutti l'insegna del re, il cervo bianco con le corna d'oro. Il Bambino Gesù si china vispo in avanti come per benedire il re o dargli il benvenuto e rassicurarlo che le sue preghiere sono state accolte. Nella consuetudine dei "ritratti di donatori" sopravvive qualcosa dell'antica credenza nel potere magico delle immagini. 


Dittico di Wilton House 1395



L'arte del dittico di Wilton condivide il gusto delle belle linee fluenti e dei motivi graziosi e delicati. Il gesto con cui la Vergine tocca il piede del Bambino Gesù e l'atteggiamento degli angeli dalle mani lunghe e affusolate ci ricordano figure già viste. Vediamo come l'artista desse prova nella sua abilità nello scorcio, per esempio nell'angelo inginocchiato nel lato sinistro del pannello, e come si compiaccia di fare uso degli studi dal vero nei molti fiori che adornano il paradiso di sua immaginazione. 
Gli artisti del gotico internazionale applicarono lo stesso spirito di osservazione e lo stesso gusto delle cose belle e delicate nel ritrarre il mondo che li circondava. Si era usato ornare i calendari con scene che illustravano le varie occupazioni dell'anno. Un calendario annesso a un libro di preghiere che un ricco borgognone aveva commissionato alla bottega dei fratelli de Limbourg, mostra come queste pitture dal vero avessero guadagnato in vivacità e sprito d'osservazione. 


Paul e Jean de Limbourg

La miniatura rappresenta la festa di primavera che si celebrava ogni anno alla corte ducale. I gentiluomini cavalcano attraverso un bosco in abbigliamenti vivaci e inghirlandati di fronde e fiori. Ancora una volta dobbiamo pensare a Chaucer e ai suoi pellegrini, perché anche il nostro miniaturista si sforzò di caratterizzare i diversi tipi. Un dipinto come questo venne probabilmente eseguito con la lente d'ingrnadimento ee dovrebbe essere guardato con la stessa appassionata attenzione. Tutti i particolari squisiti di cui l'artista ha affollato la pagina si fondono nel costruire un quadro che si avvicina molto a una scena reale. L'artista ha chiuso lo sfondo con una sorta di cortina d'alberi dietro la quale spuntano i tetti di un vasto castello. La sua arte sembra tanto lontana dalla tecnica narrativa simbolica dei pittori precedenti che solo con uno sforzo ci si può rendere conto che nemmeno lui riesce a creare lo spazio intorno alle sue figure, e che raggiunge l'illusione della realtà soprattutto attraverso un più intenso rilievo del particolare. Gli alberi non sono alberi reali dipinti dal vero, ma piuttosto una fila di alberi simboolici, l'uno accanto all'altro, e i volti sono ancora sviluppati più o meno secondo un'unica piacevole formula. Dalla chiarezza e dalla comunicabilità necessarie a una narrazione sacra, l'interesse si era andato gradatamente spostando verso una rappresentazione capace di rendere, un aspetto della natura. I due ideali non sono necessariamente contrastanti. Era possibile mettere la conoscenza della natura di recente conquista al servizio dell'arte religiosa come avevano fatto i maestri del Trecento, e come altri maestri avrebbero fatto dopo di loro; ma, il compito era comnque cambiato. Ora l'artista doveva essere capace di fare studi dal vero e inserirli nei suoi dipinti. Cominciò dunque a usare un taccuino, accumulandovi una provvista di schizzi di piante e di animali rari e belli. 


Antonio Pisanello. Studi di scimmia. 1430

Un disegno eseguito da un artista dell'Italia settentrionale, Antonio Pisano detto il Pisanello (1397-1455), appena una ventina d'anni dopo la miniatura dei de Limbourg, mostra come gli artisti si dedicassero ormai con passione a studiare un animale vivo. Il pubblico cominciò a giudicare in base all'abilità con cui era ritratta la natura e all'abbondanza di particolari attraenti che arricchivano i quadri. Gli artisti non si accontentavano più della maestria recentemente acquistata nel dipingere particolari quali fiori o animali dal vero; volevano investigare le leggi dell'ottica e raggiungere una conoscenza tale del corpo umano, da poterlo rendere in statue e quadri come avevano fatto i greci e i romani. Quando il loro interesse prese questa direzione, si giunse al periodo comunemente noto sotto il nome di Rinascimento. 

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