lunedì 18 febbraio 2019

L'arte egizia. La scultura

L'Arte egizia

La scultura


La Triade di Micerino. 2500-2482 a.C.


Statua di Ramesse II. 1270 


Particolare delle statue colossali del tempio di Abu Simbel


La regina Nefertiti 1370 circa





Importanti esempi di scultura egizia sono le statue a tutto tondo o in bassorilievi celebrativi.
La statua rappresenta il defunto, di cui era inciso il nome. Fino alla fine del Medio Regno (metà del II millennio a.C.), gli scultori egiziani prediligevano evidenziarne, la casta di appartenenza mediante la rappresentazione convenzionale del corpo e dei suoi atteggiamenti (le braccia tese verso il basso e i pugni chiusi). L'impostazione frontale della figura in piedi o seduta, ne sottolienava la dignità morale. 
La Triade di Micerino. Le figure sono concepite geometricamente, come forme chiuse, e appaiono determinate da ampie masse squadrate, 
Le braccia del faraone sono parallele all'avanzamento della gamba sinistra, accentua la stabilità e l'equilibrio. 
Lo scultore ha sbozzato il marmo per grossi blocchi e ne ha levigato la superficie, eliminando i paritolari secondari. La luce può così scorrere morbidamente, senza fermarsi su rilievi troppo accentuati. Le zone d'ombra mettono in rsalto soltanto i volumi principali delle figure, che appaiono imponenti e composte. L'opera deve comunicare la sacralità del persoonaggio, la cui immagine deve apparire solida e sicura come il potere che rappresenta. 
Con il Nuovo Regno, la cultura riduce i caratteri celebrativi. Nella statua che riproduce il Faraone Ramesse II seduto in trono, viene inrodotto un principio di articoolazione della massa, suggerita dall'apertura del braccio. La testa del faraone è leggermente piegata verso il basso, e ciò sembra infondere una nuova umanità alla figura reale. 
La plissettatura della veste ed il copricapo, creano dei sottili giochi chiaroscurali e ritmici. Eppure, la cultura di potere dell'Età ramesside (1550-1075), con il consolidarsi dell'influenza egizia di glorificazione del potere del faraone, aveva imposto un deciso ritorno alla tradizione, esplicitato ad esempio nell'importanza delle forme scultoree. Nelle statue colossali del complesso di Abu Simbel, coadiuvate nella funziione encomiastica del faraone dal continuo e monumentale supporto di geroglifici e rilievi. Qui le statue avevano ripreso, ingigantendole, le tipologie figurative degli ambienti interni dei templi tradizionali. 
Nefertiti, sposa del faraone Ekhnàton. I particoari del volto sono descritti con cura meticolosa; la colorazione sfumata dell'incarnato diviene veristica e il bel volto della regina è addolcito dalla linea regale del collo; motico puramente decorativo. 
Piccole statue, soprattutto in legno in terracotta dipinta, descrivono scene di vita quotidiana, inerenti di solito al lavoro nei campi. 

I materiali e le tecniche

In Egitto la scultura ebbe ampio sviluppo anche per l'abbondanza di materia prima: calcare, arenaria, granito, basalto, alabastro. Le opere venivano dipinte nei dettagli oppure interamente dopo essere state ricoperte di gesso, Dei colori: verdi, gialli, bianchi o blu per i fondi, ocra rossa o gialla per la pelle, neri i capelli e bianchi, argentei o gialli oro gli indumenti. 

L'Arte egizia. La pittura. Scena di caccia nella palude

L'Arte egizia

La pittura


Scena di caccia nella palude, dalla tomba di Nebamon, XV sec. a. C. Valle dei Re. Tebe

Scena di caccia nella palude

Il soggeto e la tecnica

L'opera, rappresenta una scena di caccia nella palude, allusione alla vita ultraterrena. Soono raffigurati il defunto, Nebamon, scriba e medico del re AmenofiII, la moglie e il figlio. La tencnica impiegata è la pittura su stucco. 
La tecnica impiegata è la pittura su stucco. Le linee soono definite con carboncino sul gesso che riveste la parete. 

Il linguaggio visuale

Elemento fondamentale e la linea, che contorna nitidamente e con segno continuo le figure rafforzandone il carattere astratto e stilizzato. 
Il colore è steso a campiture omogenee, per cui le immagini appaiono prive di volume. 
Le tinte, vivaci: con l'ocra rossa e gialla sono resi l'incarnato delle figure umane o il pumaggio di alcuni animali, il nero del carbone è utilizzato per i capelli, gli azzurri e i verdi predominano nella rappresentazione degli animali, dell'acqua e degli elementi floreali. 
Lo spazio non è prospettico e le figure, appaiono appiattite sulla superficie dipinta. La composizione è rigorosamente organizzata in due parti giustapposte: gli splendidi papiri, gli uccelli, le anatre selvatiche, i tre eleganti airono trattenuti da Nebamon, tutti concentrati nella parte sinistra della scena, fungono da contrappunto ideale alle figure umane, presso le quali trovano posto i segni geroglifici. 
La gerarchia dimensionale, che esprime l'importanza dei soggetti in base alle loro dimensioni. La moglie di Nebamon, a destra, e molto più piccola dell'uomo, pur poggiando i piedi sulla stessa barca; a sua volta, il figlio occupa uno spazio visibilmente minore al reale. 
Il corpo umano è composto da più parti, vincolate tra loro da valori proporzionali fissi. L'artista muove dunque dall'esigenza di rappresentare il corpo come è conosciuto e non come appare: così, le gambe divaricate sono pienamente "leggibili", allo stesso modo del busto disposto frontalmente. 

I caratteri espressivi

La barca scivola sull'acqua sembra immergersi in essa e come l'acqua stessa sia rappresentata mediante uno schema geometrico a 'spina di pesce', che vuole indicare in modo stilizzato il lieve movimento delle onde. 
L'immagine collocata in una tomba, non esplica una funzione narrativa, ma esprime concetti legati all'idea di eternità. 

sabato 16 febbraio 2019

L'Arte egizia. La pittura. Nelle arti figurative, l'ubbidienza a un codice fisso di rappresentazione

L'Arte egizia

La pittura

Nelle arti figurative, l'ubbidienza a un codice fisso di rappresentazione


Affresco della Valle dei Re


Codice di raffigurazione dell'arte pittorica egizia 


Aratura e semina del campo con un aratro di legno. Pittura parietale della tomba di Sennegem dalla IX dinastia. 1308 a..C. - 1190 a.C. 


Scena dal libro delle porte. Tomba di Amonherkhopeshef. XI secolo a.C.



Mummia di Artemidoro il Giovane dalla necropoli di Hawara, Egitto. 100-120 d.C. circa 







Le più iimportanti opere dell'antico Egitto eranoo poste all'interno delle piramidi o delle tombe regali. L'arte era al servizio del faraone: doveva rendergli onore in veste e tramandarne poi la memoria. Elemento caraterizzante era il legame tra arte e religione. 
La produzione ufficiale, ha seguito con coerenza, dal III millennio fin quasi alla dominazione romana, un codice di raffigurazione basato su precisi rapporti di proporzione e su una rigida simbologia. 
Prescriveva figure stilizzate bidimensionali, disposte con regolarità lungo un'unica linea ideale, spesso a fasce sovrapposte. Scritture geroglifiche completavano le figurazioni. La loro chiarezza è accentuata dall'uso di colori vivaci, compiti uniformemente e delimitati da marcate linee di contorno nere. I contorni e i dettagli delle figure erano spesso incisi probabilmente sulla superficie trattata a gesso, in modo da accentuarne i caratteri di stilizzazione. 
Le proporzioni non sono reali, ma funzionali alla comunicazione di valori simbolici. 
La rappresentazione della figura umana utilizzava precisi accorgimenti: gli occhi e il torace frontali e il viso, i fianchi, le gambe e i piedi disegnati lateralmente senza sovrapposizioni. Tutte le parti del corpo erano rappresentata in modo da essere immediatamente e intuitivamente riconosciute, come è stata fissata nella memoria: le parti non presentano mai lati nascosti e vengono resi quasi con la chiarezza di forme geometriche, 
Il canone, definiva le proporzioni tra le parti del corpo: l'artista lo seguiva pedissequamente, disegnando la figura su una griglia quadrettata per poi riportarla sulla parete, 
Le tecniche più frequenti erano quelle della decorazione parietale e del rilievo policromo (bassorilievo o rilievo inciso). Anche i colori, vivi e brillanti, erano utilizzati in modo simbolico e ricorrono senza variazione in qualsiasi contesto. 
La principale produzione pittorica si trova nelle pareti dei templi e dellae tombe e rappresenta temi cerimoniali o tratti dalla vita quotidiana. 
La pittura è stata in origine legata al rilievo, distiinto in bassorilievo, quando la figura emerge dal piano di fondo, o in rilievo inciso, quendo le figure vengono isolate dal piano di contorno, inciso e via via abbassato. Il rilievo, utilizzato dal Regno Medio (dalla fine del terzo millennio a.C.), è caduto in  disuso durante il Nuovo Regno, rendendo la pittura una forma espressiva autonoma. 
L'inizio del Nuovo Regno, intorno al XV secolo a.C., segna un'evoluuzione sotto il profilo stilistico ed espressivo: piante, pesci, uccelli si liberano dalle convenzioni stilistiche, a differenza delle figure umane, che appaiono ancora blccate entro canoni di rappresentazione serrati. 
Utilizzata per decorare le superfici delle tombe ipogee e dei sarcofagi, la pittura si arricchisce di soggetti sacri, di danze rituali, di passi tratti dal Libro dei Morti. Raccolta di testi scritti, comprendenti un repertorio di formule magiche che propiziarono la rinascita dello spirito nel mondo degli inferi. Era corredato di disegni o divignette miniate e veniva disposto in moolte sepolture. 
Dal Basso Regno (I millennio a.C.) si diffuse la raffigurazione, sul coeprchio dei sarcofagi, delle sembianze del defunto. Sono stroardinari, per l'immmediatezza espressiva, i cosiddetti Ritratti del Fayyum, risalenti all'Età romana. 
Notevoli le scene di paessaggi acquatici e di vita quotidiana, in particolare di lavoro nei campi e di pesca. 

Colori e supporti della pittura egizia. 

Presso gli Egizi, la pittura murale era seguita da uno strato di gesso posto a rivestimento di una sueperficie di pietra, o di legno. Una volta che il gesso era ben asciugato, venivano stesi i colori a tempera, ricavati dalla macinazione di materiali naturali sciolti in acqua e miscelati con un collante (agglutinante) a base di lattice e di gomme o di albume d'uovo. 
La gamma cromatica veniva dal bianco (derivato dalla calce), al nero (dal carbone), ai rossi, fino alle gradazioni delle terre, fino alle ocre e ai gialli, al verde, al grigio, (derivato dalla sabbia), all'azzurro (dalla soda di maiolica). Il colore, miscelato all'acqua, veniva steso sul supporto mediante spazzole o pennelli di fibra di palma o calami (canne sottili di palude) dalla testa masticata. 

Una simbologia affidata ai colori

Al ricco repertoria di immagini erano associati colori dal preciso significato simbolico. 
Il bianco era simbolo di felicità e di fortuna, cme indicava la bianca Corona del Regno del Sud. 
Il nero, propiziava la preservazione eterna e nello stesso tempo era simbolo di rinascita. 
Il verde rappresentava la vita, la rinascita e la salute. 
L'azzurro era attribuito ad Amon, dio dell'aria, e il giallo simbolo di immortalità. 
Il rosso era il colore della Corona del Nord, ma la sua simbologia assumeva in generale significati negativi, di violenza e di malignità.

venerdì 15 febbraio 2019

L'Arte egizia. Il tempio nell'antico Egitto

L'Arte egizia

Il tempio nell'antico Egitto


Tempio di Lùxor


Tempio di Amon a Kàrnak


Tempio di Abul Simbel. Con i quattro colossi raffguranti Ramses II


Ramessèum. 1260 a.C.





Nell'Antico Egitto vennero edificati a partire dal III millennio, edifici templari dalle forme grandiose. Il tempio poteva essere dedicato alle divinità, di cui rappresentava l'abitazione terrena, oppure avere funzione funeraria, in quanto luogo di sepoltura del faraone e dedicato al suo culto. 
Al tempio era affidata la gestione amministrativa dei territori di pertinenza, per consentire la loro autosufficienza, dall'altro per garantire la conservazione o la presenza di aree libere per eventuali successivi ingrandimenti. 
Per i templi venivano edificati anche i quartieri per i lavoratori. 
Mediante un imponente coolonnato, il tempio egizio, per la prima volta nella storia, apre lo spazio archtettonico, verso l'esterno, con un marcato senso di monumentalità. 
All'interno, gli spazi sono invece distribuiti in modo complesso e articolati dalla presenza di numerose colonne. 
Il complesso architettonico si organizza lungo un asse rettilineo, corrispondente al percorso processionale che si sviluppa a partire dal grande portale d'ingresso fino alla cella interna, che funge da santuario. Questo impianto, già presente nel tempio presso La Piramide di Chefren, venne definitivamente codifcato nel Nuovo Regno (detto "Età dei Templi"-1570-1070 a.C.). 
Sono ricorrenti il grande ingresso monumentale (il pilone), il cortile, quasi sempre colonnato, la sala ipostila (dal greco hypò, sotto, e stylos, colonna), il cui soffitto piano e sorretto da colonne, e il santuario, che ospitava la statua del dio. 
Il Nuovo Regno (1550-1070 a.C.), Tebe divenne la capitale grand la tomba, ancora inviiosa e si arricchì di edifici monumentali: Omero la definì, per questo, "la città dalle cento porte". 
Importanti complessi templari realizzati in questa fase sono quelli di Kàrnak e Lùxor. 
I tempio di Amon a Kàrnak che si estende per 26 ettari ed è racchiuso in una cinta muraria. Fu edificato nell'arco di cinque secoli, tra la XVIII e la XXV dinastia, con ampi inneschi in età tolemaica, dunque fino al IV secolo a.C. Dedicato alla triade divina di Tebe (Amòn, la sposa Mut e il figlio Hons), è noto per le grandi dimensioni e la complessità tipologica: si sviluppa per 350 metri lungo l'asse est-ovest in una ricca concatenazione di ambienti coperti e di sapzi aperti, cortili per lo più colonnati, piloni monumentali, obelischi, sale ipostile. 
Il complesso è introdotto da un lngo viale, detto Via egli dei, costeggiato da quaranta criosfingi, statue con corpo di leone e testa di ariete, esseri cari al dio Amon, nelle quali si sarebbe incarnato il sovrano, a protezione del suo tempio. 
Segue un monumentale pilone, realizzato nel IV secolo a.C.; accesso a due torrioni, binati per rappresentare l'esistennza dei due regni. Da qui si perviene, ad un secondo ingresso e quindi alla gigantesca sala ipostila, retta da 134 colonne a forma di papiro, il cui fiore alla sommità compone un capitello. 
Questi ambienti erano destinati alle grandi masse di fedeli. Scarsamente illuminato, il santuario conteneva la statua del dio o i simboli sacri. In un'anticamera era conservata la barca sacra sulla quale l'immagine della divinità veniva portata lungo il fiume, nel corso di riti processionali. 
Grande importanza assumono anche, nel Nuovo Regno, i templi funerari. 
Nella Valle dei Re, presso Tebe, 61 sepolture di faraoni del Regno Nuovo, mentre nella vicina Valle delle Regine furono sepolte le regine, i principi reali e i dignitari. Le sepolture sono scavate tutte in rilievi calcarei di colori rosati molto suggestivi e difese da fortini che dovevano tenere lontana la popolazione. Qui fu rinvenuta nel 1919 ls tomba, ancora inviolata, di Tutankhamon. 
Lo stesso Strabone nel 27 a.C., le cosiddette 'siringhe', corridoi e camere animate da scene in rilievo o dipinte. 
Il complesso templare di Abu Simbel, sulle reive del lago Nasser, non lontano dal Sudan. Il tempio, riprende l'organizzazione planimetrica degli edifici templari codificati. 
La aprete di accesso, con quattro colossali statue del sovrano, è stata realizzata a guisa di pilone. Si apriva una sala arricchita da pilastri (ad imitazione del cortile di un tempio in muratura). Lungo il percorso si schiudeva quindi una sala ipostila, con tre cappelle: di queste, la centrale contiene quattro statue di divinità (Ptah, da Menfi, Amon Ra, da Tebe, Amon Ra-Hakhte, di Heliopoli, e lo stesso Ramses II, autoproclamatosi figura divina), anch'esse ricavate nella roccia. 
Tra i templi funerari, il Rames-sèum, dedicato a Ramses II. 
La pianta segue il classico schema templare longitudinale, nella successione di cortili e di sale ipostile, che si estende entro un immenso recinto quadrilatero. Sul cortile di ingresso prospetta il Palazzo reale. 
Analoga struttura, ha il Tempio di Ramses III. ultimo grande faraone egiziano, a Medinet Habu presso Tebe, 
Il tempio è il più grande tra quelli noti, come attesta l'antico nome di 'Tempio di milioni di anni'. 
Un altro muro di cinta in mattoni racchiudeva il tempio funerario e quello di Amon, presso i quali si apriva una vera e propria città nuova. Un canale collegava il Nulo  al tempio per consentire l'approdo delle barche processionali. 

martedì 12 febbraio 2019

L'Arte egizia. Le costruzioni funerarie. La màstaba. Le piramidi. La Sfinge

L'Arte egizia

Le costruzioni funerarie

Le màstaba

Le màstaba erano tombe private, diffuse nel Basso Egitto dal periodo Protodinastico all'Antico Regno. 
Hanno la forma di un tumulo priamidale, posto sulla sepoltura interrata. Tale tipologia sepolcrale risale con ogni probabilità all'uso, praticato nell'Egitto predinastico, di coprire con sabbia la fossa del sepolcro in modo da formare un tumulo rettangolare. 
All'inizio della I dinastia (3000 a.C. circa), risalirebbe, l'esempio noto più antico in cui filari di mattoni crudi ricoprivano la terra. Esempi più tardi, ma entro la I dinastia, presentavano l'elevazione in gradoni. 
In origine la màstaba erano le sepolture dei re o dei loro dignitari. A partire dalla III dinastia, quando i re vennero sepolti entro le piramidi, la màstaba furono destinate ai nobili, agli altri reggitori dell'amministrazione (visìr), agli scribi o ai sacerdoti. 
Nel Basso Egitto, queste costruzioni foormarono vere e proprie necropoli (dal greco nekròs, morto, e pòlis, cità) ed erano disposte attorno ad una piramide, luogo di sepoltura dei re. Tale quartiere si trovava ad Occidente del fiume e della città, in direzione dunque del tramonto del Sole, ove si colloca simblicamente il Regno dei Morti. La màstaba era divisa in due parti indipendenti: il sepolcreto, situato a grande distanza sotto il livello del suolo, ed una o più sale poste nel basamento emergente. 
Il primo in una cripta rettangolare lunga una decina di metri circa. 
Il primo in  una cripta rettangolare lunga una decina di metri circa, Conteneva un sarcofago di pietra ed oggetti che avrebbero accompagnato il defunto nella sua vita dell'aldilà. Una volta conclusa la cerimonia funebre, il locale veniva murato e l'ingresso colmato di terra e sassi. Intorno vi erano uno o più locali, contenenti oggetti cari al defunto. 
In superficie, era segnata mediante l'erezione di una base rettangolare coostituita da materiali di riporto e chiusa da muri regolari in pietra o mattoni disposti a 'scarpata', inclinati verso l'interno, che conferivano la caratteristica forma di piramide tronca. 
Sulla facciata orientale trovavano posto uno o più ambienti dove veniva ofciata la funzione funebre. Ospitavano cibi e bevande e vi s bruciava l'incenso, il cui odoe penetrava attraverso degli spiragli in tutto l'ambiente della tomba. 
Le sale erano decorate con pitture e bassorilievi, raffiguranti scene di vita domestica di lavoro o ludiche. Tali immagini dovevano rendere familiare al defunto il suo passaggio al mondo ultraterreno: egli poteva simbolicamente accedere a questi spazi attraverso la falsa-porta, una stele recante incisi il suo nome e i suoi titoli terreni. 
In alcuni casi presentavano un piccolo cortile e una stanza  con la statua del defunto, denominata serdab. 

Le piramidi


Piramide a gradoni di Zoser. 2650 a.C. Necropoli di Saccara presso Menfi


Le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino nella necropoli di El-Giza, presso il Cairo

Il complesso di Cheope: numerosi edifici e vie monumentali. Ad est si ergeva un tempio funerario ed in prossimità di questo tre piramidi di piccole dimensioni, dedicate alle regine. 
Ai lati sud, est e ovest della grande piramide, si estendeva una vasta necropoli composta da màstaba.
Nei lati orientale e meridionale erano conservati, entro fosse scavate nella roccia, cinque battelli processionali. 


Piramide di Micerino



Le piramidi erano tombe di re o più raramente di regime o di principali reali, dalla III dinastia (intorno al 2750 a.C.) alla XVII (intorno al 1600 a.C.). Vennero quindi utilzzate da sovrani etiopici della XXV dinastia (circa 750-650 a.C.) e dai successivi regnanti nei territori del Sudan Settentrionale, fino al IV secolo d.C. 
La loro forma, è regolata da precisi rapporti di misura e assume un significato e religioso: essa rappresenta il Sole, il dio Ra, e i suoi spigoli i raggi, che si diramano idealmente verso la terra. Simbolo ascensionale, la piramide esprime dunque, come le ziqqurat mesopotamiche, l'unione tra la Terra e il Cielo. 
Le piramidi sono state costruite per durare nel tempo, solidissime e inviolabili, come simboli terreni di immortalità. 
La prima piramide monumentale fu eretta nel complesso funerario di Saqqara, la necropoli di Menfi, dal faraone Zoser, fondatore della III dinastia, su progetto del suo architetto Imhotep. 
Costruita in calcare, la piramide era alta oltre 60 metri e contava 6 imponenti gradoni su quattro lati. La base, rettangolare, misurava 125 metri da est a ovest, 109 da nord a sud. La base, rettangolare, misurava 125 metri da est ad ovest, 109 da nord a sud. Era sovrapposto ad una precedente mastaba quadrata. 
Nel sottosuolo, sono scavate le camere funerarie del re e dei membri della sua famiglia, affiancate da corridoi e da sale, alcune delle quali decorate in maiolica o scolpite a rilievo con scene di cerimonia. 
Il complesso funerario di Zoser era recintato da muri alti circa 10 metri e comprendeva numerose matstaba, fabbricati per le funzioni cerimoniali e cortili. Vi si accedva mediante una via fiancheggiata da due colonnati. 
Le colonne del complesso, decorate in modo da rappresentare steli di piante (il papiro e la palma) singoli o radunati a  fascio, i cui fori compongono il capitello. 
La piramide di Meidun, non lontana da Saqqara, tra il 2575 e il 2551 a.C. presenta per la prima volta una pendenza continua, frutto di un succeessivo riempimento degli originari otto gradoni. La sommità era probabilmente a punta. 
A sud di questa fu eretta, una piccola priamide forse destinata alla regina. 
A partire dalla IV dinastia si diffuse la pratica di rivestire le pareti con lastre di granito o di pietra calcarea (piramide a fasce lisce). 
All'interno, fino alle piramidi della XII dinastia (2000 anni a.C. circa), esse presentavano un corridoio che univa il prospetto settentrionale alla camera funeraria preceduta da un'anticamera. 
Il complesso di Gizah, nella pianura di El-Giza, fu eretto durante la IV dinastia. Le piramidi di Cheope e dei suoi successori Chefren e Micerino. 
La Piramide di Cheope, la più grande, era alta 147 metri (oggi ridotti a 138 metri), con i lati di base lunghi cira 230 metri per un'area totale di 4 ettari. Le sue dimensioni sono il risultato di complessi  calcoli geometrici ed astronomici, che ne fanno un esempio di ideale perfezione. Le facce dell'edificio sono orientate quasi esattamente verso i punti cardinali. 
Non era praticbile all'esterno, mentrre all'interno conteneva soltanto poche stanze funerarie. L'ingresso è posto sulla faccia settentrionale, a poco più di 16 metri sopra il livello del suolo. 
La cella del faraone, collocata in corrispondenza del centro della costruzione, è sormontata da 9 monoliti di granito dispossti in cinque compartiimenti sovrastanti, in modo da prevenire o attenuare gli effetti rovinosi di un eventuale crollo. 
Il corridoio di accesso fu prolungato con la Grande Galleria, che conduce ad una camaera interamente costruite in granito nella quale era conservato il sarcofago del faraone. 
Dei successori di Cheope, solo il figlio Chefren eresse una piramide altrettanto monumentale. 
Al fraone Micerino si deve una piramide di dimensioni ben minori delle precedenti, avendo lato di base 
 metri ed altezza di 62 metri. La diversa inclinazione delle facce, conferisce inoltre all'opera un aspetto di maggiore leggerezza. 
La realizzazione delle piramidi si esaurì con il Nuovo Regno, delle sepolture rupestri. 
Le tombe scavate nelle pareti rocciose dei morti vicini a Tebe, sono testimonianze straordinaria di una tecnica costruttiva e scultorea volta a realizzare effetti di imponente monumentalità, culminante nella Valle dei Re, luogo di sepoltura per generazioni di faraoni. 

La Sfinge



Sfinge, necropoli di el Gizah. IV dinastia , 2600 a.C.


La Sfinge è una figura con testa umana e corpo di leone, posta nel complesso di El-Giza. Misura 73 metri di lunghezza e 20 metri di altezza. Fu interamente scolpita su  un unico blocco di pietra calcarea e forse successivamente dipinta. 
Il volto del farone Chefren, con il copricapo regale ed il simbolo del cobra posto a guardia della sua tomba. E' infatti posto alla base del percorso che porta ad uno dei templi funerari dedicati al faraone. 
Il termine Sfinge, deriva probabilmente dalle parole egizie  shese ankh, che siignificano "immagine vivente" 

sabato 9 febbraio 2019

L'arte egizia

L'Arte egizia



La civiltà egizia si è sviluppata nell'arco di tre millenni, dal 3100 a.C., quando il re Menes riunificò l'Alto e il Basso Egitto, alla conquista romana avvenuta nel 30 a.C.
L'organizzazione della società e la sua stessa cultura erano legate dal Nilo e alla sue piene stagionali. 
La prospertà e la durata di questa grande civiltà sono dovute principalmente a due fattori: la strutturazione di un forte potere amministrativo e politico, dall'altro, la capacità tecnica da parte dei funzionari e dei tecnici dello stato egizio di creare e gestire un efficace sistema di opere idrauliche, volte a controllare le piene del Nilo per utilizzarne le acque nei territori esterni della fascia delle "terre nere", le fertili terre situate entro 10-15 chilometri dal fiume. 
La società egizia era organizzata in modo rigorosamente gerarchico: su tutti dominava il fiume, oggetto di un vero e proprio culto. Al vertice della piramide sociale vi erano i nobili e i sacerdoti, che conoscevano la scrittura e praticavano l'astronomia. Alla base c'erano gli artigiani, i commercianti ed infine gli schiavi. 
L'evoluzione tipologica di grandi edifici pubblici, primi fra tutti i templi, è lenta e procede non per sostituzioni, ma per successive aggregazioni di parti. Similmente, l'arte figurativa si basa su regole precise e quasi immutabuli per l'elaborazione dell'immagine. 
L'arte egizia ha carattere religioso e vuole celebrare la potenza del sovrano. A questo servono le monumentali piramidi (tombe dei faraoni), gli obelischi ed i templi. 
L'arte egizia presenta un forte rigore fomrale, in molti casi giunge ad uno schematismo convenzionale. 
Essa ebbe, comunqe, una larghissima influenza sulle coeve e successive civiltà orientali e nell'area del Mediterraneo. 

- Dal Paleolitico al 3000 a.C. Epoca predinastica. Dinastie e principali sovrani: Il territorio dell'Egitto è organizzato in tribù e villaggi. Marcata divisione tra il Basso Egitto, più evoluto, e l'Alto Egitto. 
- 3000-2650 a.C. Periodo Protodinastico. Dinastie e principali sovrani: il paese è unificato, con capitale a Menfi, nel Basso Egitto. Hanno inizio le dinastie faraoniche. Hanno inizio le dinastie faraoniche I e II dinastia. Memes. Tendenze artistiche: nascita e diffusione della scrittura geroglifica. Costruzione di màstabe, sepolture per re e dignitari. 
- 2650-2200 a.C. Antico Regno. Dinastie e principali sovrani: periodo di grande splendore culturale e artistico. III-VI dinastia. Zoser; Chefren, Cheope, Micerino. Tendenze artistiche: complesso delle piramidi di Chefen e Micerino, con la Sfinge. 
- 2200-2040 a.C. Primo periodo intermedio. Dinastia e principali sovrani: una profonda crisi politica conduce alla rottura dello stato unitario. Due le capitali: Menfi (Basso Egitto) e Tebe (Alto Egitto). VII-X dinastia. Tendenze artistiche: si diffonde uno stile provinciale e realista.
- 2040-1770 a.C. Medio Regno. Nuovo periodo di splendore. Dinastie e principali sovrani: nuovo periodo di splendore. A seguito della pacificazione, la cappitale è Tebe. XI e XII dinastia. Mentuhotep, Sesastri I, Sesastri III. Tandenze artistiche: si abbandona l'uso della sepoltura in piramidi, per scavare le tombe nelle rocce. 
- 1778-1570 a.C. Secondo periodo intermedio. Dinastie e principali sovrani: nuova rottura dell'unità politica. Dinastie e principali sovrani: invasione degli Hyksos (1640 a.C.) crisi culturale. XIII-XVII dinastia. Tendenze artistiche: prosegue la realizzazione di templi scavati nellaa roccia. Pochi resti pervenuti di arte figurativa. 
- 1570-1080 a.C. Nuovo Regno. Dinastie e principali sovrani: ultieriore riunificazione del'Egitto e massima espansione territoriale. La capitale è Menfi e poi a Tanis, sul delta del Nilo. XVIII-XX dinastia. Thutmosi, Tutankhamon, Amenofi, Ramses I e II, Sethi e Akhenaton. Tendenze artistiche: periodo di maggiore splendore artistico. Grandi opere nei templi: Luxor e Kamak a Tebe, Abu Simbel. 
- 1080-712 a.C. Terzo periodo intermedio. Dinastie e principali sovrani: il Basso Egitto è governato dal faraone, l'Alto Egitto da funzionari, sacerdoti ecc. XXI-XXIV dinastia. Tendenze artistiche: a nord prosegue la tradizione monarchica ramesside. Citazioni orientali, soprattutto nell'artigianato.
- 712-332 a.C. Periodo Tardo. Dinastie e principali sovrani: dinastrie straniere in terra egizia. Il periodo si conclude con l'invasione di Alessandro Magno. XXV-XXX dinastia. Tendenze artistiche: ritorno di linguaggi antichi. Forte influenza dell'arte mesopotamica e siriana. 
- 332-30 a.C. Periodo tolemaico. Dinastie e principali sovrani: l'Egitto è annesso all'impero Romano. Tolomeo, Cleopatra. Tendenze artistiche. forte influenza dell'arte egizia sulla cultura greca e romana. 

venerdì 8 febbraio 2019

L'arte in Mesopotamia. L'arte dei Persiani. Il palazzo persiano. Le arti figurative

L'arte in Mesopotamia


Una veduta del palazzo di Dario I a Persepoli. 518 a.C. 


L'arte dei Persiani

Le testimonianze più importanti dell'arte persiana risalgono alla dinastia degli Achemenidi (559-530 a.C.), un popolo indoeuropeo ce riunì l'impero del fiume Indo fino al Nilo. Fu Ciro il Grande a conquistare Babilonia nel 539 a.C. Con i suoi successori Cambise, Dario e Serse, l'impero persiano si estese fino a comprendere la Lidia, l'Asia occidentale e l'Egitto, giungendo ad aggredire, con alterne fortune, la Grecia. 

Il palazzo persiano

Le caratteristiche dell'architettura persiana sono testimoniante dai grandiosi palazzi eretti nelle città capitali. 
Nella residenza di Ciro a Pasargade, con la planimentria regolare e le ampie scalinate di accesso. 
Il Palazzo di Persepoli, capitale ufficiale eretta da Dario I a partire dal 518 a.C.
La città era suddivisa in tre settori: la Terrazza con i palazzi reali, un'area di culto e la città bassa, caratterizzata da un impianto regolare di strade rettilinee. 
L'area dei palazzi si ergeva su un podio fortificato, frequente in Mesopotamia, cui si accedeva attraverso scale monumentali. Comprendeva i palazzi di Dario, di Serse e di Artaserse, una grande sala delle udienze (l'Apadana), ed ancora harem, il tesoro, tombe reali e magazzini. 
Gli edifici, introdotti da ingressi monumentali e intervallati da vasti giardini, erano rigorosamente orgaizzati sulla pianta quadrata. 
Le colonne, alte ed esili, esse sorreggevano eleganti capitelli, della complessa decorazione, con motivi astratti e teste di animali. Questa innovazione favorì la costruzione di ambienti della spazialità più razionale, l'introduzione di piante più regolari e una visione prospettica basata sul ritmo delle parti costruttive. 

Le arti figurative

Raffinati bassorilievi ornavano palazzi e gradinate: rappresentano con cura decorativa, processioni di dignitari e di guardie reali che rendono omaggio al re. Talvolta erano utilizzate mattonelle smaltate policrome, come nel fregio degli arcieri del V sec. a,C. 
In tutti. l'immobilità e l'uguaglianza delle figure determina un ritmo quasi ossessivo, con evidente tendenza ad una forte astrazione. 
La produzione nel campo delle arti monori, testimoniata da raffinati esemplari di vasellame, armi e gioielli. 

mercoledì 6 febbraio 2019

L'arte in Mesopotamia. L'arte babilonese

L'arte in Mesopotamia

L'arte babilonese


Stele di Hammurabi. 1760 a.C. 



Ricostruzione della Porta di Ishtar. VI sec. a.C. 




L'arte babilonese si affermò nella regione mesopotamica in due diversi periodi: nella prima metà del II millennio a.C., in seguito alla conquista del re Hammurabi, e nel breve periodo compreso tra il 612, anno della caduta di Niinive, e il 539 a.C., data dell'assoggettamento ai Persiani. 
Il Primo impero babilonese affida la celebrazione delle gesta del sovrano ai bassorilievi. 
Alla sommità della Stele di Hammurabi è scolpita la figura del re che riceve le leggi del dio del sole Shamàsh. Lo stile figurativo rimanda alla cultura figurativa sumera, a cui desume la sintesi e lo schematismo nella rappresentazione delle figure umane, con parti frontali (il busto, gli occhi) e parti laterali (il volto, gli arti). 
Alla seconda fase corisponde un'intensa attività edilizia. La capitale Babilonia, sulle rive dell'Eufrate, raggiunse l'apice del suo splendore nel VI secolo a.C. quando fu eretta una triplice cinta di mura con otto porte a difendere il triangolo interno, e la duplice muraglia esterna che cingeva il Palazzo d'Estate di Nabucodonosor. 
Dentro le mura si ergeva la grandiosa ziqqurat di Marduk.
I grandi complessi palaziali erano ubicati ad ovest, e si suddividevano nel monumentale Palazzo Nord, e il Palazzo Sud, eretto entro le mura urbane. 
Il primo conservava opere d'arte antiche, raccolte dal sovrano, desideroso di tramandare l'importanza storica del  popolo babilonese. Da questo complesso si sviluppavano i celebri giardini pensili voluti dal re Nabucodonosor, poi digrandanti, lungo la collina, verso il fiume. 
Il Palazzo Sud, fatto erigere da Nabucodonosor II, presenta una razionale organizzazione su cinque settori paralleli; distribuiti da varie corti. Sulla Celebre corte centrale, lunga 60 metri e larga 55, si apre, con triplice ingresso, la Sala del Trono. 
Il prospetto esterno della sala presentava splendide decorazioni in mattoni invetriati policromi. Vi erano raffigurati a rilievo motivi ornamentali e fregi con animali. 
La Porta di Ishtàr, oggi al Museo di Berlino, era l'imponente accesso a un viale processionale in onore del dio Marduk. La sua superficie smaltata, con sfondo azzurro i lapislazzuli, reca raffigurati in rilievo policromo più di cento tra leoni, tori e animali immaginari, suddivisi in teorie regolari e separati da decorazioni astratte. 

L'arte in Mesopotamia. L'arte assira Il palazzo, la dimora del sovrano. Le arti figurative

L'arte in Mesopotamia

L'arte assira


Caccia ai leoni. VII sec. Bassorilievo proveniente dal palazzo di Assurbanipal a Ninive. Alabastro


Lamassù. 713-707 a.C. circa. Dal Palazzo di Sargon II a Dur-Sharrukin, alabastro 


Il palazzo, dimora del sovrano


Gli Assiri erano una popolazione semitica insediatosi nel corso superiore del Tigri intorno alla metà del XIII secolo a.C., un'importante programma espensionistico che li portà a dominare l'intera regione mesopotamica. 
Attività di conquista ed espressione di potere centralizzato erano i grandi palazzi, quali quelli di Ninive e Dur-Sharukin: celebrare le vittorie dei re. In tutta l'area mesopotamica, furono forse i palazzi reali degli Assiri a raggiungere con più chiarezza una propria identità tipologia, cui si legava una notevole abbondanza di decorazioni. Accanto ad essi si ergevano poi le costruzioni religiose, come le ziqqurat, che, imponenti, raggiungevano fino a sette livelli terrazzati. 
Il palazzo, si sviluppava in senso orizzontale, Era arricchito da scalinate, portici, ampie sale con colonne, corridoi. Doveva apparire una fortezza quasi inaccessibile, con il massiccio muro di cinta rafforzato da torri, in cui si apriva una sola porta. 
La cittadella di Dur-Sharrukin, l'odierna Khorsabad, eretta probabilmente del 713 al 707 a.C. ad opera del re Sàrgon. 
All'interno della città murata si innalzava la cittadella rettangolare, sede del palazzo reale, della ziqqurat, dei templi, dei palazzi aristocratici e di servizio.
Il palazzo reale, aveva forma quadrata e le sue sale erno organizzate a numerosi cortili. Uno di questi, rettangolare, collegava le sale del quartiere reale, tra cui la sala del trono lunga ben 50 metri. 
Al complesso erano affincati, numerosi templi, tra cui quello dedicato al dio della apienza Nabu, e la ziqqurat, forse dedicata a Ninurta, dio della guerra. 
Gli Assiri affermarono il definitivo uso dell'arco e della volta in mattoni, frequenti nelle sole monumentali e nelle grandi porte urbane. 

Le arti figurative

L'intensa attività bellica degli Assiri è documentata in rilievi narrativi, di pietra o dii bronzo. 
Le figurazini che ornavano i palazzi e le mura urbane erano spesso dipinte a colori vivaci e formavano scene continue, dal carattere encomiastico ma di facile lettura. 
Nei rilievi del Palazzo di Assurbanipal a Nìnive, del VII secolo a.C., le scene sono senz'altro convenzionali, ad esempio nelle pose dei guerrieri e degli animali, rigidamente laterali e povere di ambientazione paesaggistica. Grande utilizzo di appuntiti scalpelli di ferro, il rilievo bassissimo è nitido nel segno e fa emergere figure quasi astratte in una purezza formale dove le varie parti (gli abiti regali, i finimenti dei cavalli, le barbe dei combattenti, il manto degli animali) creano un'elegante e fitta trama ornamentale. Ne deriva un ritmo serrato, in cui l'equilibrio è affidato a contrappunti e a giustapposizioni di figure simili tra loro, con esiti di un'inquietante dinamica espressiva. 
Analoga cura per il dato decorativo è rivolta alla grande statuaria, come nei due colossali Lamassù, figure di mostri alati antropocefali (ovvero con testa umana) che ornavano gli stipiti del Palazzo di Sàrgon a Dur-Sharrukin. 
Un effetto di sintetismo è dato dalla presenza di cinque zampe, utili a favorire un'imponente e compiuta visione su due punti di osservazione, anteriore e laterale. 
Fin dalle prime manifestazioni artistiche, nella seconda metà del XIV sec. a.C., si evidenzia una accentuata differenza fra gli oggetti destinati al culto, fortemente sereotipati, e i più espressivi manufatto di uso profano.

venerdì 1 febbraio 2019

Potenza e gloria: II: Francia, Germania e Austria. Tardo Seicento e primo Settecento

Potenza e gloria: II
Francia, Germania e Austria
Tardo Seicento e primo Settecento

Re e principi dell'Europa secentesca erano altrettanto avidi di ostentare la loro potenza per rafforzare il loro prestigio morale sul popolo. Anch'essi volevano apparire esseri di una diversa specie, che il diritto divino innalza al disopra degli uomini comuni. Luigi XIV di Francia, nel cui programma politico rientrava deliberatamente l'ostentazione e lo splendore della regalità. Luigi XIV invitò a Parigi per coadiuvare al progetto del suo palazzo. Un'altra reggia di Luigi XIV divenne il simbolo stesso del suo immenso potere. E fu il castello di Versailles, costruito attorno al 1660-1680. 


Louis le Vau e Jules Hardouin-Mansart. Il palazzo di Versailles, presso Parigi. 1655-1682


I giardini di Versailles


E' tanto vasto che nessuna fotografia può dare un'idea adeguata delle sue proporzioni e della sua disposizione. A ogni piano ci sono non meno di centoventitré finestre che danno sul parco, e il parco stesso, con i suoi viali di alberi cedui, con le sue urne e le sue statue. 
Versailles è barocca più per la sua immensità che per i particolari decorativi. Gli architetti badarono a raggruppare le enormi masse architettoniche in ali chiaramente distinte, conferendo a ciascuna un aspetto di nobiltà e di grandezza. Accentuarono la parte centrale del piano principale con una fila di colonne ioniche reggenti un cornicione ornato da una fila di statue, e lateralmente posero decirazioni consimili.In edifici di questo genere possiamo apprezzare la vera funzione e il vero scopo delle forme barocche. Se i progettisti di Versailles fossero stati più arditi, usando mezzi meno ortodossi per articolare e fondere le varie parti dell'enorme cotruzione, avrebbero ottenuto un successo ancora maggiore. 
La fantasia dell'epoca fu accesa dalle chies di Roma e dai castelli barocchi francesi. Ogni principato della Germania meridionale voleva la sua Versailles; ogni piccolo monastero d'Austria o di Spagna voleva competere con lo splendore solenne di progetti berniniani e borrominiani. Il periodo attorno al 1700 è uno dei più grandi periodi dell'architettura, e non solo dell'architettura. Tutte le arti dovevano contribuire al'illusione di un mondo fantastico è irreale. Intere città vennero trattate come scenari teatrali, distese di campagna furono trasformate in giardini, ruscelli in cascate. Gli artisti furono liberi di abbandonarsi alla loro fantasia e di tradurre le visioni più inverosimili in pietra e stucco dorato. Il denaro si esauriva prima che i piani si trasformassero in realtà, ma quello che di questo empito di creatività stravagante riuscì a realizzarsi traformò l'aspetto di molte città e paesaggi dell'Europa cattolica. In Austria, in Boemia e nella Germania meridionale le concezioni del barocco francese e italiano vennero rifuse in uno stile più ardito e solido. 


Lucas von Hildebrandt. Il palazzo del Belvedere a Vienna. 1720-1724

La figura mostra il palazzo costruito a Vienna dell'architetto austriaco Lucas von Hildebrandt (1668-1745) per l'alleato del duca di Marlborough, il principe Eugenio di Savoia. Il palazzo si erge su un colle, e sembra quasi leggero su un giardino e terrazze con fontane e siepi tosate. Hildebrandt l'ha scompartito in sette corpi distinti, un pò simili a padiglioni da giardino; una parte centrale a cinque finestre sporge in avanti, affiancata da due ali leggermente meno alte, affiancate a loro volta da una parte più bassa e da quattro padoglioni angolari a forma di torre che incorniciano l'intero edificio. Il padiglione centrale e le torri d'angolo sono le pareti più riccamente decorate, e la costruzione forma sì un insieme intricato ma dalla linea perfettamente lucida e netta. Questa lucidità non è affatto alterata dalle decorazioni capricciose e bizzarre che Hildebrandt impiegò nei particolari: i pilastri che si restringono verso il basso, i frontoni rotti e svolazzanti sopra le finestre, e le statue e i trofei che ornano il tetto. 


Lucas von Hildebrandt. L'atrio del palazzo del Belvedere a Vienna. 1724


Lucas von Hildebrandt e Johann Dientzenhofer. Salone del castello di Pommersfelden in Germania. 1713-1714


Al solo entrare nell'edificio, questo fantasioso stile decorativo ci fa sentire il suo effetto. La figura ci mostra il palazzo d'ingresso disegnato da Hildebrandt appunto per il palazzo del principe Eugenio e lo scalone di un castello tedesco. Il giorno in cui il proprietario dava una festa o un ricevimento, e sotto i lampadari accesi, cavalieri e dame vestiti nalla moda festosa e solenne del tempo arrivavano e salivano lo scalone. Il conrasto fra le strade buie di allora, sporche e squallide e il radioso mondo fatato della dimora principesca doveva in quel momento presentarsi in tutta la sua asprezza. 


Jakob Prandtauer. Il monastero di Melk. 1702

La figura mostra il monastero austriaco di Melk, sul Danubio. Scendendo il fiume, il monastero, con la sua cupola e le torri dalle fogge bizzarre, si erge sul colle come un'apparizione irreale. Fu costruito da un architetto locale, Jakob Prandtauer (morto nel 1726), e decorato da "virtuosi" italiani itineranti, che disponevano di idee e di disegni sempre nuovi. Come avevano bene appreso, questi umili artisti, l'arte difficile di raggruppare e organizzare una costruzione per darle una solennità scevra di monotonia! Badavano a graduare la decorazione, usando parcamente le bizzare forme ornamentali nelle paret dell'edifcio che dovevano particolarmente risaltare. 


Jakob Prandtauer, Antonio Beduzzi e Josef Munggennast. Interno della chiesa del monastero di Melk. 1758

Ancora una volta dobbiamo immaginare che cosa significasse per il contadino austriaco lasciare la fattoria ed entrare in questo modno strano e fatato. Dappertutto nuvole con angeli musicanti che esaltano con ampi gesti la beatitudine del paradiso. Qualcuno si è posato sul pulpito, tutto sembra ondeggiare in una danza, e l'architettura che incornicia il sontuoso altare pare oscillare un ritmo gaudioso. Nulla è "naturale"  o "normale" in una chiesa come questa, né vuole esserlo. Tutto mira a far pregustare il paradiso e la sua gloria, in quell'ambiente tutti si sentono avvolti e trascianti, incapaci di polemiche, presi in un mondo in cui regole e criteri umani non valgono più. 
Si comprende come al nord delle Alpi, le arti siano state coinvolte in questa follia decorativa, perdendo assai della loro indipendenza. Intorno al 1700 c'erano, pittori e scultori di rilievo, ma forse vi fu un solo maestro la cui arte può stare alla pari con quella dei pittori della prima metà del Seicento: Antoine Watteau (1684-1721). Era oriundo  di una regione delle Fiandre che era stata conquistata dalla Francia pochi anni prima che egli nascesse, poi si stabilì a Parigi, dove morì all'età di trentasette anni. Anch'egli decorò i castelli dell'aristocrazia. Ma pare che le feste non riuscissero a soddisfare la sua fantasia e allora cominciò a dipingere visioni lontane da ogni amarezza e banalità quotidiana, un sognante mondo di gaie merende all'aperto in parchi fatati in cui non piove mai, trattenimenti musicali in cui tutte le dame sono belle e tutti gli amanti leggiadri, una società in cui tutti vestono sete brillanti senza mai caadere nel vistoso, e dove la vita dei pastori e delle pastorelle sembra un susseguirsi di minuetti. Per molti essa riflette il gusto dell'aristocrazia francese del primo Settecento, cui si suole dare il nome di rococò; la moda dei colori delicati e delle decorazioni raffinate, succeduta al gusto più vigoroso del periodo barocco e che si esprimeva in un'allegra frivolezza. Ma Watteau era un artista troppo grande per ridursi a puro esponente della moda dell'epoca. Furono piuttosto i suoi sogni e i suoi ideali a plasmare in parte la moda che chiamiamo rococò. Se Van Dyck aveva contribuito a creare l'ideale di albagìa signorile che siamo soliti attribuiire ai seguaci di Carlo I, Watteau ha arricchito il nostro repertorio fantastico con le sue visioni di aggraziata galanteria. 
Non c'è traccia, della rumorosa allegria delle feste popolari Jan Steen, vi aleggia una calma dolce e quasi malinconica. Giovani e fanciulle non fanno che stare seduti a sognare, a giocherellare con fiori e guardarsi l'un l'altro. La luce si muove sui loro vestiti di seta e trasfigura il boschetto in un paradiso terrestre. Watteau sapeva comunicare l'impressione della carne vivida e palpitante con un solo tratto di colore o di biacca. In queste vsioni di bellezza c'è una punta di malinnconia difficile da descrivere o da definire, ma che solleva l'arte di Watteau oltre la sfera della pura abilità e della grazia. Watteau era malato e morì di tisi in giovane età. Forse perché era consapevole dela fugacità della bellezza, poté dare alla sua arte quell'intensità che i suoi molti ammiratori e imitatori non riuscirono mai a raggiungere.

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