domenica 10 settembre 2017

I conquistatori del mondo. Romani, buddisti, ebrei e cristiani (I-IV secolo d. C.)

I CONQUISTATORI DEL MONDO
Romani, buddisti, ebrei e cristiani (I-IV secolo d. C.)

Mentre i romani conquistaronoil mondo e fondaroono il loro impero sulle rovine delle monarchie ellenistiche, l'arte non aveva infatti compiuto grandi progressi. La maggior parte degli artisti che lavoravano a Roma erano greci, e i collezionisti romani perlopiù acquistarono opere, o copie, di grandi maestri greci. Quando Roma divenne la dominatrice del mondo, l'arte tuttavia subì un certo cambiamento. Agli artisti furono affidati nuovi compiti, e in connseguenza la loro tecnica mutò. Tuutti conosciamo le loro strade, i loro acquedotti, le loro terme. 


Il Colosseo 80 d.C. ca

L'edifiicio più famoso è forse la vasta arena conosciuta con il nome di Colosseo  costruzione romana molto ammirata nei secoli successivi. 
E' una struttura funzionale, a tre ordini di archi sovrapposti che reggono le gradinate all'interno del vasto anfiteatro. Ma su quuesti archi l'anfiteatro rromano ha steso, una cortina di forme classiche adottando tutti e tre gli stili dei templi greci. Il primo ordine è una variazionedello stile dorico (sussistono perfino le metope e i triglifi), il secondo ha mezze colonne ioniche, il terzo e il quarto corinzie. Questa combinazione di struttue romane e di forme od ordini greci esercitò un enorme influsso sugli architetti successivi. Forse nessun'altra invenzione architattonica esercitò un'influenza pur duratura, dell'arco trionfale, che i romani eressero in tutto il loro impero Italia, Francia.


Arco trionfale di Tiberio. Orange, Francia meridionale, 14-37 d.C. ca

La novità più importante dell'architettura romana è l'impiego degli archi. Quest'invenzione aveva avuto una parte esigua o nulla nell'architattura greca. Costruire un arco con pietre a forma di cuneo è ardua impresa ingegneristica, ma una volta che il costruttore sia riuscito a impadronirsi di questa tecnica, se ne può valere per progetti sempre più arditi.


Interno del Pantheon a Roma. 130 d.C. ca


 La più mirabile di queste costruzioni è il Pantheon o tempio di tutti gli dèi, il solo tempio dell'antichità classica tuttora adibito al culto: venne infatti trasformato in chiesa nei primi anni dell'èra cristiana e così si salvò della distruzione. Il suo ineterno è costituito da una vasta sala rotonda con soffitto a volta e al centro un'apertura circolare attraverso la quale si scorge il cielo. Non c'è nessun'altra finestra, ma l'ambiente riceve la luce sufficiente uniforme dall'alto. Non si avverte alcun senso di peso, l'enorme cupola pafe librarsi libera come una seconda cupola celeste. 
Fu tipico dei romani attingere aall'architettura greca ciò che loro serviva e adottarlo poi alle varie necessità. Una delle loro esigenze principali erano i ritratti somiglianti che avevano svolto una certa funzione nella primitiva religione romana quando nei cortei funebri, era consuetudine portare immagini in cera degli antenati. 
Più tardi, quando Roma divenne un impero, il busto dell'imperatore era ancora considerato con religioso sgomento. Sappiamo che ogni romano doveva bruciare incenso dinnanzi a quell'immagine, in segno di sudditanza e fedeltà, e che la persecuzione dei cristiani ebbe origine dal loro rifiuto di aderire a tale richiesta. Nonostante il significato solenne attribuito ai ritratti, i romani permettessero gli artisti di rappresentarli con maggiore verosimiglianza e con minor lusinghe di quanto si riscontri fra i greci. 


L'imperatore Vespasiano

Forse talora si volsero di calchi ricavati sul volto del morto acquistando così la loro straordinaria conoscenza della struttura e delle fattezze della testa umana. Il busto di Vespasianonon ha certo intenti adulatori, non ha nulla che tenga a farne un dio. Potrebbe essere un qualsiasi ricco banchiere o armatore. Però questi ritratti romani non sono mai meschini. Gli artisti seppero essere verosimili senza cadere nella banalità.


Colonna Traiana a Roma, 114 d.C. ca

Anche i romani volevano ostentare le loro vittorie e narrare la storia delle campagne militari. Traiano, fece erigere un'alta colonna per rievocare la cronaca, figurata delle sue guerre e delle sue vittorie di Dacia (la moderna Romania). Vi si vedono legionari romani combattere, conquistare e saccheggiare. Tutta l'abilità e tutte le conquiste di secoli d'arte greca vennero messe a frutto per narrare questi episodi di cronaca bellica. Ma l'importanza che i romani attribuivano l'esatta riproduzione dei particolaria una narrazione nitida, capace di imprimere le gesta della campagna militare nella fantasia che era rimasta a casa, modificò alquanto il carattere dell'arte. I romani erano un popolo pratico, senza gusto per le creazioni della fantasia. Eppure il modo pittorico di raccontare le imprese di un eroe si rivelò di grande efficacia nei confronti delle religioni con le quali venivano in contatto man mano che il loro vasto impero si estendeva. 
Nei secoli dell'èra cristiana, l'arte ellenistica e l'arte romana sostituirono, l'arte degli imperi orientali. Gli egizi continuarono a mummificare i defunti, ma invece di ritrarne le sembianze di stile egizio e facevano dipingere da un artista che conoscesse i ritrovati della ritrattistica egizia. 


Questi ritratti che furono certamente opera di umili artefici a buon mercato, ci stupiscono ancora per la loro forza e il loro realismo. 
Perfino nella remota India la maniera romana di narrare una storia e di glorificare un eroe venne adottata da un gruppo di artisti che volevano illustrare la sotria di una conquista pacifica, la storia di Budda. 
L'arte della scultura era fiorita in India assai prima che il Paese fosse toccato dall'influenza ellenistica, ma fu nella regione di frontiera del Gandhara che Budda venne per la prima volta effigiato in rilievi, diventati poi il modello della successiva arte buddista. 
Nella scultura che rappresenta l'episodio della Grande rinuncia, vediamo il giovane principe Gautama lasciare la casa dei genitori per ritirarsi in solitudine. 


Testa di Budda IV-V sec. d.C. 

L'arte greca e l'arte romana, che avevano assegnato all'uomo il modo di raffigurare mirabilmente dèi ed eroi, aiutarono gli indiani a creare un'immagine del loro salvatore. La magnifica testa di Budda, soffusa della caratteristica espressione di profonda serenità, fu fatta anch'essa nella regione di frontiera di Gandhara. 
Ma anche un'altra religione orientale a rappresentare le storie sacre per ammaestrare i fedeli dell'ebraismo. La legge ebraica, temendo l'idolatria; vietava in effetti la fabbricazione di immagini. Tuttavia nelle città orientali le colonie giudaiche presero a decorare le pareti delle sinagoghe con gli episodi dell'Antico Testamento. Una di queste pitture fu scoperta in una piccola guarnigione romana della Mesopotamia chiamata Dura-Euròpo. E' un interessante documento del III secolo d. C. Il fatto stesso che la forma appaia goffa, e che la scena sembri piuttosto piatta e primitiva non è senza interesse. Rappresenta Mosè che fa scaturire l'acqua da una roccia e non è tanto un'illustrazione del racconto biblico quanto una spiegazione figurata del suo significato per il popolo ebraico. Mosè è rappresentato come un'alta figura in piedi dinanzi al Santo Tabernacolo in cui possiamo ancora discernere il candelabro a sette bracci. per significare che ogni tribù d'Israele ricevette la sua parte d'acqua miracolosa, l'artista ha raffigurato dodici ruscelletti che scorrono verso una figurina ritta davanti a una tenda. Suo scopo essenziale era di ricordare allo spettatore le occasioni nelle quali Dio aveva manifestato la sua potenza. Il modesto affresco della sinagoga ci interessa perché considerazioni analoghe, influenzavano l'arte e man mano che la religione cristiana si propagava dall'Oriente e convertiva anche quella ai suoi fini. 
Gli atisti incaricati di raffigurare il Salvatore e i suoi apostoli ricorsero ancora alle tradizioni dell'arte greca. In una delle prime rappresentazioni di Cristo, risalente al IV secolo. Invece della figura barbuta cui ci ha abituato l'iconografia posteriore, vediamo un Cristo di giovanile bellezza, seduto sul trono tra san Pietro e san Paolo simili a dignitosi filosofi greci. C'è un particolare che ricorda in modo speciale lo stretto rapporto fra questa manifestazione e i metodi dell'arte pagana ellenistica per indicare che Cristo troneggia nei cieli, lo scultore gli fa poggiare i piedi sulla grande volta del firmamento sorretta dall'antico dio del cielo. 
Le origini dell'arte cristiana sono ancora più remote, nei primi momenti non appare ma Cristo in persona. Gli ebrei di Dura avevano dipinto scene dell'Antico Testamento nella loro sinagoga non tanto per decorarla quanto per narrare in forma visiva la storia sacra. Gli artisti cui vennero ordinate le prime immagini per cimiteri cristiani - le catacombe romane - si informano allo stesso spirito. Pitture come quelle dei tre ebrei nella fornace ardente e la presumibilmente, del III secolo d. C. dimostrano che questi artisti avevano familiarità con la tecnica ellenistica delle pitture pompeiane: ed erano capaci di evocare una figura umana con poche pennellate elementari. Il dipinto non esisteva come una cosa bella e autonoma: il suo scopo essenziale era di ricordare ai fedeli un esempio di pietà e di potenza divina. Il pittore di catacombe non si preoccupava della drammatica scena in se stessa.


Tre uomini nella fornace ardente. III sec. d.C. 

 Per rappresentare questo esempio edificante e ispiratore di forza d'animo e di salvezza, bastava che i tre in costume persiano, le fiamme e la colomba - simbolo del divino aiuto - fossero riconoscibili. Tutto ciò che non fosse strettamente attinente era meglio lasciarlo da parte. Ancora una volta le idee di chiarezza e sempliciità cominciavano ad avere maggior peso degli ideali di fedele imitazione. Eppure c'è qualcosa di commovente nello sforzo dell'artista teso a raccontare nel modo più semplice e chiaro la sua storia. Questi tre uomini visti di fronte con lo sguardo volto allo spettatore e le mani sollevate in atto di preghiera, sembrano indicare che l'umanità comincia a interessarsi di altre cose, oltre che della bellezza terrena. 
Pochi artisti sembrano curarsi di quella raffinatezza e di quell'armonia che erano state in vanto dell'arte greca. Gli scultori non avevano più la pazienza di lavorare il marmo con lo scalpello e di trattarlo con quel gusto e quella delicatezza che erano atati motivo d'orgoglio per i greci. Come il pittore delle catacombe, essi impiegavano metodi più rozzi e immediati, quale per esempio il trapano meccanisco per tracciare le principali linee di un volto o di un corpo. La perduta abilità è solo una parte di ciò che avviene, perché gli artisti di quell'epoca - e questo è il punto - non sembravano più soddisfatti del mero virtuosismo del periodo ellenistico e tentavano di raggiungere effetti nuovi. Alcuni ritratti di questo periodo, e particolarmente del IV e V secolo, mostrano con la massima chiarezza che cosa gli artisti si proponessero. Queste figure sono vive e animate da un'espressione quanto mai intensa, dovuta alla fermezza del segno che delinea le fattezze, e alla cura delicata, per esempio, alle parti attorno agli occhi e ai solchi della fronte. Esse ci tramandano le sembianze degli uomini che aasistettero al trionfo del cristianesimo e finirono con l'accoglierlo, seguendo così la fine del mondo antico. 

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