martedì 16 aprile 2019

I Fauves. La bellezza del brutto

I Fauves

La bellezza del brutto


James Ensor. I vecchi mascherati. 1889


Amare il brutto fu la regola dell'espressionismo tedesco: in pittura e scultura nella musica delle dissonanze. 
Nel 1853 il tedesco Karl Rosenkranz pubblicò il suo trattato intitolato L'estetica del Brutto, in cui l'autore si proponeva di "scavare un più profondo accesso all'inferno dell'esistente". Il brutto appare come l'altra parte del sublime teorizzato dal filosofo Immanuel Kant nella sua Critica del Giudizio (1790), cioè quella sensazione forte, impossibile da elaborare da parte della ragione e mai oggetto di un vero giudizio, che si prova davanti agli eccessi: un paesaggio vastissimo, un cileo pieno di lampi, un'opera d'arte che ci impressiona così tanto da creare una sensazione di disagio. 
L'antitesi "Bello" e "Brutto" sembra ripetersi nel pensiero del filosofo più amato degli Espressionisti Friedrich Nietzsche, che però rivolta il loro valore, già dal suo primo libro La nascita della tragedia (1871): ciò che egli definisce "apollineo", cioè l'eccessivo, lo sfrenato, il brutto, incarna lo spirito positivo la vitalità libera da ogni costrizione. 

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