Potenza e gloria: 1
Italia. Tardo Seicento e Settecento
Ricordiamo gli inizi dell'architettura barocca di certe opere del Tardo Cinquecento, come la chiesa dei gesuiti di Della Porta. Della Porta trascurò le cosiddette leggi dell'architettura classica per ottenere varietà ed effetti più imponenti. L'arte è costretta a seguire questa strada fino in fondo. Se la verità e gli effetti inaspettati sono ritenuti importanti, ogni artista, per essere originale, dovrà a mano a mano sbizzarirsi in decorazioni sempre più cmplesse ed escogitare trovate sempre più sorprendenti. Nella prima metà deò Seicento continuarono a proliferaare in Italia idee nuove e sconcertanti per edifici e decorazioni e, verso la metà del secolo, lo stile che chiamiamo barocco era ormai in pieno sviluppo.
Francesco Borromini e Carlo Rainaldi. Sant'Agnese in piazza Navona a Roma. 1653
La figura mostra una tipica chiesa barocca costruita dal famoso architetto Francesco Borromini (1599-1667) e dai suoi aiuti. Anche le forme aadottate da Borromini sono vere e proprie forme rinascimentali. Come Della Porta, egli usò il frontone del tempio classico per incorniciare l'entrata principale, e come lui raddoppiò i pilastri laterali per creare un effetto più fastoso. Ma, la facciata di Della Porta appare quasi severa e castigata. Borromini non si accontenta più di decorare un muro con gli ordini dell'architettura classica, e compone la sua chiesa riunendo forme diverse: la vasta cupola, i campanili e la facciata, che, ondulata com'è nella sua linea, sembra modellata con argilla. Il primo piano dei campanili è quadrato, ma il secondo è rotondo, e il rapporto fra i due piani si cerca mediante un cornicione stranamente accidentato, che avrebbe fatto inorridire qualsiasi ortodosso maestro d'architettura ma che adempie perfettamente ala sua funzione. Nelle costruzioni anteriori non c'è alcun parallelo possibile con il frontone sovrastante l'entrata, che incornicia una finestra ovale. Gli svolazzi e le curve del barocco dominano ora sia lo schema generale sia i particolari ornamentali. Borromini voleva che una chiesa apparisse festosa, piena di splendore e di movimento. Se è scopo del teatro deliziarci con la visione di un mondo fatato, ricco di luce e di sfarzo, perché l'artista che progetta una chiesa non dovrebbe creare una suggestione ancora maggiore di fasto e di gloria per ricordare il paradiso?
Entrando in queste chiese, comprendiamo ancora meglio come lo sfarzo e l'ostentazione di pietre preziose, di oro e di stucchi avessero il consapevole scopo di evocare una visione di gloria celeste assai più concreta di quella suggerita dalle cattedrali medievali. L'interno della chiesa borrominiana. Questo lusso abbagliante può appariire troppo mondano. La Chiesa cattolica del tempo le pensava in un altro modo: più i protestanti predicavano contro l'esteriorità delle chiese, e tanto più ansiosamente essa cercava di valersi dell'opera degli artisti. La Riforma e tutta la dibattuta questione delle immagini e del loro culto ebbero anche un'efficacia indiretta sull'evoluzione del barocco. Il mondo cattolico aveva scoperto che l'arte poteva servire la religione ben oltre il compito limitato che l'alto medioevo le aveva attribuito: quello di insegnare il Vangelo agli analfabeti. Architetti, scultori e pittori furono chiamati a trasformare le chiese in grandi mostre d'arte di travolgente splendore. In questi interni non contano tanto i particolari quanto l'effetto d'insieme. Non possiamo sperare di capirli o giudicarli in tutto il loro valore se non cerchiamo di immaginarli come una cornice ai riti sfarzosi della Chiesa cattolica.
Le più squisite creazioni scenografiche furono quelle di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), un artista della generazione di Borromini. Era di un anno più vecchio di Van Dyck e di Vélazquez e di otto anni più di Rembrandt.
Gian Lorenzo Bernini. Costanza Buonarelli. 1635
La figura mostra il ritratto che egli fece di una giovane donna, un busto che ha tutta la freschezza e la schiettezza dei suoi migliori lavori. Bernini ha còlto un'espressione fuggevole, che, siamo certi, dev'essere stata caratteristica della modella. Nel fissare l'espressione del volto egli fu forse insuperabile: per dare forma visiva alla propria esperienza religiosa si valeva dell'espressione come Rembrandt si era valso della sua profonda conoscenza psicologica.
Gian Lorenzo Bernini. Estasi di santa Teresa. 1645-1652
La figura mostra un altare di Bernini destinato alla cappella laterale di una piccola chiesa romana. E' un altare dedicato alla spagnola santa Teresa, una monaca del Cinquecento che aveva narrato in un libro famoso la sua esperienza mistica, descrivendo quell'istante di rapimento celeste in cui un angelo del Signore, trapassandole il cuore con una freccia d'oro e di fuoco, le aveva arrecato tormento e insieme una beatitudine infinita. Vediamo la santa sollevata in una nube verso il cielo, mentre torrenti di luce scendono dall'alto come una pioggia di raggi d'oro. Vediamo l'angelo avvicinarsi dolcemente verso la santa riversa e tramortita nell'estasi. Il gruppo sembra sospeso senza alcun punto d'appoggio nella cornice mmeravigliosa dell'altare, e illuminato da un'invisibile finestra situata in alto. Se un'opera d'arte religiosa come questo altare berniniano può venire legittimamente adoperata per suscitaree i sentimenti di fervida esaltazione e di trasporto mistico cui miravano gli artisti barocchi, dobbiamo ammettere che Bernini raggiunse lo scopo in modo magistrale. Egli ha scartato ragion veduta ogni ritegno, toccando un apice di commozione che fiino a lui gli artisti avevano evitato. Bernini è riuscito a esprimere un'intensità fino ad allora mai tentate in arte. Perfino il trattamento del drappeggio è, in Bernini, interamente nuovo. Invece di farlo ricadere con le pieghe dignitose della maniera classica, egli lo fa contorto e vorticoso per accenturne l'effetto dramatico e dinamico dell'insieme. Ben presto tutta l'Europa lo imitò.
Giovanni Battista Gaulli. Adorazione del Sacro Nome di Gesù. 1670-1683
La figura mostra la decorazione del soffitto di una chiesa gesuita romana, opera di uno dei seguaci di Bernini, Giovanni Battista Gaulli (1639-1709). L'artista vuole darci l'illusione che la volta della chiesa si sia dischiusa e che il nostro sguardo possa penetrare le glorie del Cielo. Il Correggio prima di lui ebbe l'idea di dipingere i cieli sulla volta, ma gli effetti di Gaulli sono incomparabilmente più teatrali. Il tema è l'adorazione del Sacro Nome di Gesù, inserito a lettere raggianti al centro della sua chiesa, e circondato da moltitudini di innumerevoli cherubini, angeli e santi tutti con lo sguardo rapito nella luce mentre intere legioni di demoni o di angeli ribelli scacciate dalle regioni celesti, si abbandonano a gesti di disperazione. La scena affollata sembra voler spezzare la cornice della volta, che portano santi e peccatori fin nell'interno della chiesa. L'artista vuole confonderci e soverchiarci, cancellare il confine tra la verità e l'illusione. Dopo la piena fioritura del barocco, che vide gli sforzi riuniti dagli artisti in vista di un effetto unitario, la pittura e la scultura come arti indipendenti hanno cominciato a declinare in Italia e in tutta l'Europa cattolica.
Giovanni Battista Tiepolo. Il banchetto di Cleopatra. 1750
Nel Settecento gli artisti italiani furono soprattutto magnifici decoratori di interni, divennero famosi in tutta Europa per la loro abilità nei lavori di stucco e per i loro grandi affreschi capaci di trasformare qualunque salone di castello o di monastero di un ambiente senografico e fastoso. Giovanni Battista Tiepolo (1696-1770) cha lavorò non solo in Italia ma anche in Germania e in Spagna. La figura mostra parte di una decorazione di un palazzo veneziano, dipinta attorno al 1750. Il soggetto (il banchetto di Cleopatra) diede a Tiepolo ogni opportunità di sfoggiare colori vivaci e costumi sontuosi. La storia racconta come Marco Antonio abbia offerto in onore della regina egizia una festa che avrebbe dovuto segnare in non plus ultra dello sfarzo. Le portate più costose si susseguivano senza fine. La regina non ne era impressionata. Scommise con il suo superbo ospite che ella avrebbe fornito un piatto più costoso di qualsiasi cosa da lui fino a quel momento offerta, e presa una preziosa perla dal suo orecchino la disciolse nell'aceto e ne bevve il contenuto. Nell'affresco di Tiepolo Cleopatra mostra la perla a Marco Antonio mentre un servo negrlo le porge un bicchiere.
Solo in un genere particolare l'arte italiana nel primo Settecento seppe creare qualche novità: nel vedutismo, sia in pittura sia nell'incisione. I viaggiatori che venivano in Italia da tutta Europa per ammirare le glorie del passato volevano spesso riportare con sé qualche ricordo. Una scuola di pittura a Venezia, città così scenografica e affascinante per un artista. La veduta di Venezia di uno dei pittori di questa scuola, Francesco Guardi (1712-1793), che al pari dell'affresco di Tiepolo mostra come l'arte veneziana non avesse perduto il senso del fasto, della luce e del colore. Lo spirito del barocco, il gusto del dinamismo e degli effetti arditi possono esprimersi perfino in una semplice veduta di città. Guardi si è impadronito degli effetti studiati dai pittori secenteschi e ha imparato che, una volta còlta dal pittore l'impressione generale di una scena, non è poi difficile per l'occhio dello spettatore aggiungere i particolari. Se guardiamo da vicino i suoi gondolieri, scopriamo con stupore che sono fatti alcuni rapidi tratti di colore sagacemente collocati. La tradizione delle scoperte barocche, veniva in questi tardi frutti dell'arte italiana, doveva assumere rinnovata importanza nei periodi successivi.
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