Tradizione e rinnovamento: II
Il Quattrocento nordico
Il Quattrocento, provocò un rivolgimento decisivo nella storia dell'arte, perché le scoperte e le innovazioni della generazione di Brunelleschi a Firenze, portando l'arte italiana su un nuovo piano, l'avevano scissa dal processo evolutivo del resto d'Europa. La differenza fra il Nord e l'Italia è forse meglio segnata nell'architettura, Brunelleschi a Firenze aveva messo fine allo stile gotico introducendo l'uso rinascimentale dei motivi classici applicati agli edifici. Artisti di ogni genere durante tutto il Quattrocento continuarono a coltivare lo stile gotico del secolo preceedente. Nel Quattrocento il gusto dell'ornato complesso e della decorazione fantastica si accentuò ancor più.
La corte del Palazzo di Giustizia a Rouen. 1482
Il Palazzo di Giustizia di Rouen, è un esempio di questa tarda fase del gotico francese, flamboyant. Gli architetti rivestirono l'intero edificio di un'infinita varietà di decorazioni, senza tener conto del loro valore funzionale rispetto alla struttura. Gli autori di questi edifici avevano esaurito le ultime possibilità dell'architettura gotica, e la reazione sarebbe stata, presto o tardi, fatale.
In Inghilterra queste tendenze erano vive nell'ultima fase dello stile gotico, detto "perpendicolare". L'esempio più famoso di questo stile è la mirabile cappella del King's College a Cambridige, iniziata nel 1446.
La cappella del King's College a Cambridge. 1446
La sua forma è assai più semplice di quella degli interni gotici precedenti: non esistono navate laterali e, quindi, nemmeno pilastri e archi acuti. Ma l'immaginazione degli artefici gotici si sbriglia liberamente nei particolari, specie nella forma delle volte ("volta a ventaglio"), la cui fantasiosa trina di curve e linee ricorda i miracoli dei manoscritti celtici della Northumbria.
Stefan Lochner. Madonna del roseto. 1440
Pittura e scultura si sviluppano fuori dall'Italia, fino a un certo limite, parallelamente all'architettura. Il Quattrocento nordico rimase ancora fedele alla tradizione gotica. Nonostante le grandi innovazioni dei fratelli Van Eyck, la prassi artistica continuò a seguire più il costume e gli usi che non la scienza. I maestri nordici, erano ancora "artisti medievali", mentre i loro colleghi d'oltralpe appartenevano già all'età moderna. Tuttavia i problemi intorno ai quali si affaticavano gli artisiti sui due versanti delle Alpi eranoo estremamente affini. Jan van Eyck aveva insegnato a fare del quadro uno specchio della natura, aggiungendo con cura particolare a particolare, finché il minutto lavoro d'osservazione non avesse riempito tutto lo spazio disponibile. Vi furono artisti del Nord che applicarono le scoperte di Van Eyck a temi più tradizionali. Il pittore tedesco Stefan Lochner (1410-1451), che lavorò a Colonia verso la metà del Quattrocento, fu una specie di frà Angelico del Nord. Il suo seducente quadro con la Vergine sotto un pergolato di rose, circondata da angioletti che suonano, gettano fiori oppure offrono frutta al Bambino Gesù, sta a provare come il maestro conoscesse i nuovi metodi di Van Eyck. Eppure questo quadro era più vicino, nel suo spirito, al trecentesco Dittico di Wilton House, che non a Jan van Eyck.Il maestro più recente ha imparato una cosa che aveva messo in difficoltà il pittore più antico. Lochner è in grado di creare il senso dello spazio intorno alla Vergine che troneggia sul prato. Paragonate a queste figure, quelle del Dittico di Wilton House appaiono un poco piatte. La Vergine di Lochner spicca ancora su un fondo d'oro, ma su quel fondo si svolge una scena reale. Dipinti come questi, di Lochner e di frà Angelico, sedussero la fantasia dei critici romantici dell'Ottocento, quali Ruskin e i pittori della Confraternita preraffaellita che vi scorgevano l'incanto della devozione e di un cuore infantile. Queste opere forse sprigionano tanto fascino perché per noi, abituati nei quadri a uno spazio reale e a un disegno più o meno esatto, sono più facilmente comprensibili che non le opere dei maestri medievali anteriori, di cui tuttavia conservano lo spirito.
Altri pittori nordici corrispondevano piuttosto a Benozzo Gozzoli, i cui affreschi nel palazzo mediceo a Firenze riflettono il gaio sfarzo del mondo elegante secondo la tradizione del gotico internazionale.
Jean le Tavernier. Pagina dedicatoria delle "Chroniques et conquetes de Charlemagne". 1460
La pagina fu eseguita verso la metà del Quattrocento, al tempo degli affreschi di Gozzoli. Nello sfondo troviamo la scena tradizionale dell'autore che porge al mecenate l'opera compiuta. L'ambientò in una specie di vestibolo, così da mostrarci le scene che si svolgevano all'intorno. Presso la porta della città ecco un gruppo che si appresta a partire per la caccia: un uomo elegante che stringe nel pugno un falcone, circondato da borghesi boriosi. Ecco le bancarelle e le tende dentro e fuori la porta della città, i mercanti che espongono le merci e i compratori che le esaminano. Queste graziose rappresentazioni della vita di ogni giorno sono permeate di quello spirito mordace di cui ci dà un esempio il Salterio della regina Maria. L'arte nordica meno preoccupata dell'arte italiana di raggiungere l'armonia e la bellezza ideali, favorì in misura sempre più larga questo genere di rappresentazione.
Il maggiore artista francese dell'epoca Jean Fouquet (1420-1480), in gioventù si recò in Italia e fu anche a Roma, dove nel 1447 fece il ritratto al pontefice.
Jean Fouquet. Estienne Chevalier, tesoriere di Carlo VII di Francia, con santo Stefano. 1450
La figura ci mostra un ritratto di donatore, dipinto, probabilmente, pochi anni dopo il suo ritorno in patria. E poiché questo donatore, si chiamava Estienne, cioè Stefano, il santo protettore che gli sta al fianco è Santo Stefano, primo diacono della Chiesa e indossa l'abito del suo grado. Ha in mano un libro su cui è posato un sasso appuntito, perché, secondo la Bibbia, egli morì lapidato. I santi e il donatore del Dittico di Wilton House sembrano ritagliati dalla carta e appiccicati al quadro; le figure di Jean Fouquet, invece, le direste scolpite. Nel primo quadro nessun gioco di luce e d'ombra: Fouquet invece usa la luce quasi come Piero della Francesca. Quel modo di far campeggiare nello spazio reale le figure calme e statuarie mostra quanto profondamente egli fosse rimasto colpito da ciò che aveva visto in Italia. Eppure il suo modo di dipingere è diverso da quello degli itliani. L'interesse che nutre per la materia e la superficie degli oggetti - la pelliccia, la pietra, il panno e il marmo - mostra quanto dovesse alla tradizione nordica di Jan van Eyck.
Un altro grande artista nordico che andò a Roma (in pellegrinaggio nel 1450) fu Rogier van der Weyden (1400-1464). Godette di molta fama e visse nel sud dei Paesi Bassi dove aveva lavorato anche Jan van Eyck.
Rogier van der Weyden. Deposizione. 1435
La figura ci mostra una grande pala d'altare raffigurante la Deposizione. Roger, sapeva riprodurre ogni particolare, ogni particolare, ogni capello e ogni cucitura. Egli ha posto le figure su una specie di proscenio poco profondo, contro un fondale neutro. Anch'egli doveva eseguire una grande pala d'altare, visibile di lontano, che narrasse la scena ai fedeli riuniti in chiesa. Doveva attenersi quindi a controni chiari e a una composizione che soddisfacesse per la sua esemplarità. Il corpo di Cristo, volto in pieno verso chi guarda, forma il centro della composizione. Le donne piangenti lo incorniciano dai due lati, san Giovanni, chinandosi, tenta invano, come Maria Maddalena dal lato opposto, di reggere la Vergine in procinto di svenire, il cui movimento risponde a quello del corpo di Cristo che viene calato dalla croce. L'atteggiamento composto dei vecchi sottolinea efficacemente per contrasto i gesti espressivi dei protagonisti. Rogier rese un grande servizio all'arte nordica. Egli conservò gran parte di quella tradizione di nitido disegno che avrebbe potuto altrimenti perdersi sotto il peso delle scoperte di Van Eyck. Da allor gli artisti nordici si sforzarono, ciascuno a suo modo, di conciliare le nuove esigenze imposte all'arte con il suo antico fine religioso.
Hugo van der Goes. Morte della Vergine. 1480
Il pittore Hugo van der Goes (morto nel 1482), trascorse gli ultimi anni della sua vita in volontario ritiro in un monastero, ossessionato da un complesso di colpa e da accessi di malinconia. La figura ci mostra la sua Morte della Vergine. ci colpisce la mirabile rappresentazione delle varie reazioni dei dodici apostoli dinanzi all'avvenimento: una gamma espressiva che va dalla tranquilla pensosità alla partecipazione appassionata, fino a uno stupore quasi eccessivo. Sentiamo quanti sforzi dev'esere costata al pittore la composizione di una scena vera, che non lasciasse nel pannello spazi vuoti o privi di significato. I due apostoli in primo piano e l'apparizione sopra il letto mostrano con chiarezza come egli si sforzasse di distribuire le figure e di metterle tutte bene in vista. Se questo sforzo evidente rende i movimentii un pò contori, accresce però l'eccitamento e la tensione attorno alla composta figura della Vergine morente cui, sola nella stanza affollata, è consentita la visione del Figlio con le braccia aperte per accoglierla. La sopravvivenza della tradizione gotica nella nuova forma realizzata da Rogier fu molto importante per gli scultori e gli intagliatori.
Veit Stoss. Altare della chiesa di Nostra Signora a Cracovia. 1477-1489
La figura ci mostra un altare scolpito ordinato dalla città di Cracovia in Polonia nel 1477. L'autore è Veit Stoss, vissuto quuasi sempre a Norimberga, in Germania, dove morì in età molto avanzata, nel 1533. Il reliquiario al centro rappresenta ancora una volta la morte della Vergine attorniat dai dodici apostoli, per quanto qui non sia rappresentata stesa nel letto ma inginocchiata in preghiera. Più in su, ecco la sua anima accolta da Cristo in un paradiso radioso e, nel punto più alto, Dio Padre e il Figlio che l'incoronano. Le due portelle rappresentano avvenimenti importanti nella vita della Vergine, che (alla sua incoronazione) vanno sotto il nome delle Sette Consolaioni di Maria. Il ciclo comincia nel riquadro superiore a sinistra con l'Annunciazione; prosegue, al di sotto, con la Natività e l'adorazione dei Re Magi. Alla destra troviamo le altre tre consolazioni, seguite a tanto dolore: la Resurrezione di Cristo, l'Ascensione e la discesa dello Spirito Santo a Pentecoste. I fedeli potevno contemplare queste storie quando si raccoglievano in chiesa in una delle solennità dedicate alla Vergine (l'alro lato delle portelle è dedicato ad altre feste religiose), ma solo se si avvicinavano al reliquario potevano ammirare l'esattezza e l'espressività dell'arte di Veit Stoss nelle meravigliose teste e mani degli apostoli.
L'agonia del giusto. 1470
Alla metà del Quattrocento in Germania era stata fatta una scoperta tecnica di enorme importanza: la stampa. La stampa di immagini aveva preceduto quella dei libri di parecchie decine di anni. Erano stati stampati volantini con figure di santi e testi di preghiere da distribuire ai pellegrini e per privata devozione. Bastava prendere un pezzo di legno e ritagliarne tutte le parti che non dovevano risultare nella stampa. Il altri termini, tutto ciò che doveva rimanere in bianco doveva essere scavato, in modo che quanto doveva riuscire in nero formasse un sottile rilievo. Per la stampa, si procedeva, spalmando l'intera superficie di inchiostro tipografico, composto di olio e fuliggine, e premendo quindi lo stampo sul foglio. La stessa matrice in legno serviva a un gran numero di stampe prima di logorarsi. Questa tecnica elementare per la stampa di immagini si chiama xilografia. Un certo numero di matrici in legno poteva servire per una piccola serie di immagini che venivano stampate e rilegate insieme come un libro; questi libri stamapti in tal modo venivano chiamati incunaboli. Xilografie e incunaboli furono presto in vendita a prezzi popolari, nello stesso modo furono stampate carte da gioco, caricature e immagini religiose. La figura 184 ci mostra la pagina di un incunaabolo usato dalla Chiesa come sermone figurato. Il suo scopo era di rammentare al fedele l'ora della morte e di insegnargli L'arte di ben morire. La xilografia rappresenta il giusto sul letto di morte col monaco vicino che gli mette in mano una candela accesa. Un angelo riceve la sua anima, che glie sce dalla bocca sotto forma di figurina orante. Nello sfondo Cristo e i santi, ai quali il morente dovrebbe volgere il pensiero, in primo piano uno stuolo di demoni nelle forme più brutte e fantastiche, e sui cartigli che escono dalle loro bocche si legge: "Fremo di rabbia", "Siamo disonorati", "Non c'è requie", "Abbiamo perduto la sua anima". Vane sono le loro contorsioni grottesche: l'uomo che possiede l'arte di ben morire non deve temere le potenze infernali.
Quando Gutenberg, sostituì alle matrici in legno caratteri mobili tenuti insieme in un riquadro, gli incunaboli caddero in disuso. Ben presto si scoprì il modo di combinare un testo stampato con una matrice in legno per le illustrazioni e molti libri della seconda metà del Quattrocento furono illustrati con xilografie.
La xilografia era pur sempre un mezzo piuttosto rozzo di riprodurre immagini. Queste stampe popolari: sono a linee semplici e si valgono di mezzi economici. Ma i grandi artisti del tempo: volevano ostentare la loro maestria nel particolare e la loro capacità d'osservazione. Scelsero perciò un altro mezzo: invece del legno impiegarono il rame. Il principio su cui si basava la calcografia è un pò diverso da quello della xilografia. Nell'incisione su rame si adopera invece uno strumento speciale, detto bulino, Nell'incision su rame si adopera invece uno strumento speciale, detto bulino la cui punta incide, premendola, la lastra di rame. La linea così tracciiata sulla superficie del metallo tratterrà il colore e l'inchiostro da stampa che è stato versato sopra, dopo di che resta solo da pulire la superficie. Se poi valndosi di un torchio si preme la lastra su un foglio, l'inchiostro rimasto nelle righe scavate dal bulino scenderà sulla carta e la stampa sarà pronta. La xilografia si attiene dando rilievo alle linee, l'incisione, invece, incidendole sulla lastra.
Martin Schongauer. Natività. 1470-1473
Uno dei maggiori e più famosi incisori del Quattrocento fu Martin Schongauer (1453-1491), vissuto nell'alta Renania, a Colmar, nell'odierna Alsazia. La figura ci mostra la sua incisione della Natività, interpretata secondo lo spirito dei grandi artisti dei Paesi Bassi. Schongauer si sforzò di fissare ogni particolare della scena, anche il più insignificante, tentando di farci sentire la materia e le superfici stesse degli oggetti. Le sue incisioni si possono studiare con l lente e si può osservare come vengano riprodotte pietre e mattoni rotti, i fiori negli intterstizi, il pelo degli animali e i capelli e le barbe dei pastori. Ecco la Vergine inginocchiata nella cappella in rovina usata come stella, che adora il Bambino posato con cura sopra un lembo del suo manto, mentre san Giuseppe, con una lanterna in mano, la guarda con espressione ansiosa e paterna. Il bue e l'asino partecipano alla scena. Gli umili pastori stanno per varcare la soglia: uno di essi, nello sfondo, accoglie il messaggio dell'angelo. Nell'angolo superiore destro intravediamo il coro angelico che canta: "Pace in terra". I problemi della composizione hanno aspetti comuni si nella stampa sia nella pala d'altare. In entrambi i casi il problema della resa spaziale e della fedele imitazione del vero non deve trubare l'equilibrio dell'insieme. Come cornce una rovnia: essa gli consentiv di inquadrare solidamente la scena con le macerie attraverso cui guardiamo. Gli permetteva di dare spicco alle figure collocandole su un fondo nero, così che nessuna parte dell'incisione restasse vuota o priva di interesse. Vediamo come abbia tracciato attentamente il piano della sua composizione, tirando sulla pagina due diagonali che si incrociano sulla testa della Vergine, il vero centro dell'incisione.
L'arte della xilografia e dell'incisione si diffuse ben presto in tutta Europa. Troviamo incisioni alla Maniera di Mantegna e di Botticelli in Italia e di altro tipo nei Paesi Bassi e in Francia. Un nuovo mezzo di cui gli artisti d'Europa si volsero per uno scambio reciproco di idee. Così la stampa delle immagini assicurò il trionfo dell'arte del Rinascimento italiano nel resto d'Europa. Fu una delle forze che misero fine all'arte medievale nel Nord, provocando una crisi che solo i più grandi maestri riuscirono a superare.
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