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sabato 20 aprile 2019

Henri Matisse

Henri Matisse


Henri Matisse

La ricerca ansiosa della serenità


Henri Matisse. Lusso, calma e voluttà. 1904


Henri Matisse. La gioia di vivere. 1905-1906



Piastrelle persiane, sete orientali, tapppeti, cristalli: di tutte queste splendide cose amava circondarsi Henri Matisse (1869-1954). 
Insieme a Picasso, lo si annovera tra i grandi innovatori del linguaggio della pittura. 
Ansiosissimo da ragazzo, passò la vita a cercare una clama interiore che potesse anche assumerre le forme esteriori dell'arte. 
A ventun'anni, durante una malattia dovrua a un fisico debole che lo costringe anche in seguito a lunghe soste, incominciò improvvisamente a disegnare. Appena dopo la guarigione si trasferì dal Nord della Francia a Perugia, dove si iscrissi a corsi di decorazione e pittura. 
Si iscrisse alla classe del maestro simbolista Gustave Moreau e incominciò ad apprezzare la pittura di Corot, Manet, Monet. 
Frequentò assiduamente Pissarro e, comperò piccole opere di Van Gogh, Cézanne, Gauguin, Rodin riconoscendo l'influenza che questi artisti esercitavano su di lui. 
Lesse con avidità il libro Da Delacroix al Neo-impresssionismo di Paul Signac, che divenne suo amico-maestro: testimonia questo legame con il quadro divisionista Lusso, calma e voluttà (1904), una composizione che associava il tema mitico delle bagnanti a quello meno mitico del pic-nic, il borghese déjeuner sur l'herbe. 
I viaggi in Corsica e sul Mediterraneo, la visione di una mostra di Turner a Londra, indirizzarono Matisse  verso una luminosità molto carica. 
L'amicizia con Albert Marquet, Maurice de Vlaminck, e André Derain gli consentì di diventare il perno attorno al quale ruotavano le cosiddette "belve selvagge". 

Fonti e tecniche


Henri Matisse. Donna con Cappello. 1905


Henri Matisse. Madame Matisse con scialle di Manila. 1911


Henri Matisse. Paesaggio a Collioure. 1905





Al Salon d'Automne del 1905 presentò la Donna con Cappello maestosa e raffinata, l'immagine della moglie appare gialla, ombreggiata da tratti verdi, sovrastata da un cappello-fruttiera e circondata da aloni verdi, blu e viola. 
Le pnnellate scorrono seguendo il gesto della mano, ora ordinate come quelle di Van Gogh, ora libere come quelle di Turner, sempre comunque energiche e lontane da ogni realismo. 
La gioia di vivere (1905), un'altra scena di bagnanti i cui singoli brani vennero poi ripresi da numerose altre composizioni. Scrive Gertrude Stein: "In questo quadro Matisse realizza per la prima volta la sua intenzione di deformare le linee del corpo umano al fine di armonizzare e semplificare il valore artistico dei colori puri, che adoperava soltanto accoppiati al bianco". Il quadro ritrae un esterno ma non è dipinto dal vero: a Matisse non ineressava l'aria aperta (il plein air), le preferiva il chiuso di una stanza anche durante i soggiiorni in Provenza.
Nel 1906il pittore partì alla volta dell'Algeria e, nel 1912-13, trascorse due lunghi periodi in Marocco; aeva già incontrato a Parigi l'arte islamica, con la sua negazione religiosa della figurazione e le sue superfici simmetriche, ripetitive, arabescate: i viaggi rinforzarono l'inclinazione dell'artista verso queste armonie.
Il quadro I tappeti rossi (1906), il desiderio di accogliere la sapienza e il lusso estetico della decorazione nella pittura a olio, La tavola imbandita del 1908, La famiglia del pittore (1911); e Madame Matisse con scialle di Manila (1911). 
La sua poetica matura venne chhiaramente descritta nelle sue Note di un pittore (1908). "L'espressione, consiste nella passione rispecchiata su un volto umano o tradita da un gesto violento. Il luogo occupato dalle figure o dagli oggetti, gli spazi vuoti intorno a essi, le proporzioni, tutto vi ha la sua parte. La composizione è l'arte di ordinare in maniera decorativa i vari elementi di cui il pittore dispone per esprimere i propri sentimenti". 
Un'opera d'arte deve essere armonia nella sua innterezza: qualsiasi dettaglio superfluo rimpiazzabile qualche dettaglio essenziale nella mente dello spettatore 

Lo stile di Matisse


Henri Matisse. La danza. 1909-1910


Henri Matisse. La musica. 1909-1910


Henri Matisse. L'Albero della vita. 1950




La forma circolare e la ripetizione ritmica, sempre assiciate a sentimenti di vitalità primoridali, divennero due costanti dell'opera di Matisse. 
La danza (1909-10)e La musia (1910), entrambia acquistati da un appassionato sostenitore russo e poi rimasti a San Pietroburgo. 
Il primo segue un motivo già accennato nella Gioia di vivere e fu eseguito in molte versioni. Cinque corpi rosso-arancio si stagliano su un fondo verde e blu, formando un cerchio di figure nude che è impegnato in un girotondo vorticoso. La velocità è resa dal disegno, ma anche dalla violenza delle associazioni di colore. 
Il secondo quadro descrive con gli stessi elementi una situazione di calma: ancora cinque corpi rossi stanno seduti su un prato verde a livelli diversi, come fossero note su un pentagramma (due infatti stanno suonando); qui vincono le perpendicolari e i colori sono stesi in modo più piatto e denso. Il risultato è che le figure sembrano tenute ferme e come tranquillizzate dal blu interno del cielo. 
Matisse sembra sempre più interessato ai rapporti tra colori. 
Benché abbia alternato fasi più decorative a fasi più figurative, Matisse non volle mai raggiungere l'astrazione. La toccò negli ultimi collages, ottenuti con ritagli di carta, definiti del resto, "un'astrazione che affonda le sue radici nella realtà". La figura gli consentiva di mostrare a quale punto di deformazione potesse portare ciò che descriveva. Anche quando non rappresentò che una sequenza di foglie, come nei Velluti del 1947, prese comunque spunto dall'universo reale e non da quello esclusivamente mentale. 
Matisse concluse la fase più attiva delle sue ricerche attorno al 1916, depresso dall'atmosfera della guerra e dall'eemergere di Picasso come leader dell'Avanguardia. 
Spiccano nella sua maturità due realizzazioni di dimensioni ambientali: il grande fregio che ripropone il tema della danza per la collezione dei coniugi americani Barnes (1931-33) e la Cappella del Rosario a Vence, in Provenza (1950), di cui l'artista ha progettato arredi, vetri e decorazioni murali in ceramica. Per entrambe le opere Matisse scelse l'assoluta piattezza del colore e un disegno ridotto ai minimi termini: quella seintesi che aveva tanto ammirato negli affreschi padovani di Giotto, ma anche in tutti quegli oggetti "minori" dei quali era circondato. 

martedì 16 aprile 2019

I Fauves. La bellezza del brutto

I Fauves

La bellezza del brutto


James Ensor. I vecchi mascherati. 1889


Amare il brutto fu la regola dell'espressionismo tedesco: in pittura e scultura nella musica delle dissonanze. 
Nel 1853 il tedesco Karl Rosenkranz pubblicò il suo trattato intitolato L'estetica del Brutto, in cui l'autore si proponeva di "scavare un più profondo accesso all'inferno dell'esistente". Il brutto appare come l'altra parte del sublime teorizzato dal filosofo Immanuel Kant nella sua Critica del Giudizio (1790), cioè quella sensazione forte, impossibile da elaborare da parte della ragione e mai oggetto di un vero giudizio, che si prova davanti agli eccessi: un paesaggio vastissimo, un cileo pieno di lampi, un'opera d'arte che ci impressiona così tanto da creare una sensazione di disagio. 
L'antitesi "Bello" e "Brutto" sembra ripetersi nel pensiero del filosofo più amato degli Espressionisti Friedrich Nietzsche, che però rivolta il loro valore, già dal suo primo libro La nascita della tragedia (1871): ciò che egli definisce "apollineo", cioè l'eccessivo, lo sfrenato, il brutto, incarna lo spirito positivo la vitalità libera da ogni costrizione. 

venerdì 12 aprile 2019

James Ensor. L'ingresso di Cristo a Bruxelles. 1888-1889

James Ensor, L'ingresso di Cristo a Bruxelles, 1888-1889



James Ensor. L'ingresso di Cristo a Bruxelles. 1888-1889

Il capolavoro di Ensor mostra un flusso di persone che ha come modello la manifestazione politica e la processione religiosa, ma diventa un corteo carnevalesco. 
Lo spazio è reso solo dall'allinearsi e in lontananza delle persone: la città è fatta da chi la abita, per questo l'architettura scompare. Vaste zone di verde occupano la sinistra e soprattutto la destra dell'opera, incorniciando la scena principale con un colore che di solito è usato per descrivere un paesaggio naturale, ma che invece, è relativo ai vestiti dei personaggi e all'addobbo del palco. L'opera è pervasa da uno scetticismo generale: la vita va guardata in faccia senza illusioni, semplificandone l'interpretazione. 
Già la tecnica qui stende colori in modo volutamente semplificato e li riduce solo ai quattro principali verde, rosso, giallo e blu. 
Il disegno appare anch'esso ridotto al minimo, infantile nella costruzione della prospettiva, brutale nel modo in cui il pennello traccia i segni che poi diventano volti, adatto a descrivere un'umanità deludente: tra la gente comune e le autorità si riconoscono techi, cappelli da vescovo, soldati imbellettati. Lo stenndarrdo che reca la scritta"Vive la Sociale" diventa un modo per sottolineare il degrado a cui è giunta la vita comuniitaria. Non c'è nessuna possibilità di redenzione: se anche arrivasse un messia, come il titolo suggerisce, il contesto pronto ad accoglierlo sarebbe connotato dalla perdita di ogni autenticità nei rapporti umani. Persino il figlio di Dio avrebbe assorbito nella farsa generale: come accade appunto a un Cristo benedicente al centro della folla, riconoscibile per la sua aureola gialla. Un cartello in primo piano, in fondo a destra, reca la scritta "Viva Gesù re di Bruxelles", che riporta dall'altezza dei cieli alla bassezza delle cose terrene il senso della redenzione cristiana.

mercoledì 10 aprile 2019

James Ensor

James Ensor


James Ensor nel suo studio


James Ensor. Scheletri che si riscaldano ad una stufa. 1889


James Ensor. Strane maschere. 1891




James Ensor (1860-1949), portò nella sua pittura la tendenza a un immaginario inquieto e brulicante di personaggi grotteschi, le cui fonti erano i pittori fiamminghi del passato come Bosch e Bruegel. 
Il suo modo di dipingere, si presenta come un commento la gesto della borghesia meno raffinata, può essere addebitata anche all'attivià della madre, che gestiva una bancarella di maschere e souvenir sul lungomare di Ostenda. 
L'artista rivalutò il teatro di strada, il carneval e eltri aspetti del folklore, fino ad allora considerati troppo volgari, convinto che "la ragione è il nemico dell'arte", amò l'irrazionalità carateristica del linguaggio popolaresco; da questo imparò a mescolare persoanggi di tutti i giorni a personaggi-metafora: allegorie che compaiono nelle carte dei Tarocchi così come nelle leggende superstiziose, dalla morte del diavolo, dagli amanti segreti al matto del paese. 
Il legame con la classe boorghese è evidente nei quadri della sua prima fase pittorica (il "periodo scuro"), caratterizzata da interni di custumi cui si metteva in evidenza la loro pretesa rispettabilità. 
Dopo il rifiuto da parte del Salon di Brussel (1883), egli accentuò neel suo stile gli aspetti ironici e macabri: attraverso una tecnica tanto raffinata quanto apparentemente grossolana, Ensor iniziò a deridere l'ipocrisia della nuova classe dominante. I personaggi dei suoi quadri diventano maschere buffonesche, che cercano di farsi notare nella folla ma che in effetti si dispersdono in essa. I suoi Scheletri che si riscaldano alla stufa (1889) mostrano il gusto dell'assurdo; Le strane maschere (1891), espongono l'interesse per il genere artistico della caricatura, considerato secondario e popolare, probabilmente derivato dall'attenzione che Ensor aveva dimostrato per Damier e per gli altri disegnatori satirici. Egli stesso fu un grande incisore e si dedicò anche alla litografia. 
Egli derise l'ipocrisia del suo tempo, considerandosi in essi estraneo. Il pittore visse il resto della sua vita in un isolamento misantropo, benché a poco a poco sia stato accettato ed egli stesso abbia accettato, a sua volta con una certa ipocrisia, tutti gli onori ufficiali che il Belgio gli ha tributato dopo i difficili esordi.