Diffusione delle nuove conquiste culturali
Germania e Paesi Bassi nel primo Cinquecento
Le grandi conquiste dei maestri italiani del Rinascimento fecero una profonda impressione sui popoli d'oltralpe. Chiunque si interesse alla rinascita della cultura si volgeva all'Italia, dove si andavano riscoprendo la sapienza e i tesori dell'antichità classica. Un'opera d'arte gotica può essere altrettanto grande di un'opera del Rinascimento. Gli uomini di quel tempo, venuti a contatto con i capolavori del Sud, trovassero improvvisamente rozza e antiquata la loro arte. C'erano tre tangibili conquiste di maestri italiani alle quali essi miravano: la scoperta della prospettiva scientifica, la consoceva dell'anatomia e infine la conoscenza delle forme architettoniche classiche, la massima espressione di ogni dignità e bellezza.
Le reazioni dei vari artisti e delle varie tradizioni di fronte alle nuove conquiste culturali e vedere come riuscirono ad affermarsi, o come a volte fallirono, a seconda della loro forza o dell'ampiezza della loro versione. Gli architetti s trovarono nella posizione più ardua. Lo stile gotico, e la rinascita delle forme antiche sono, almeno in teoria, entrambi logici e coerenti, ma diversi nel fine e nello spirito quanto due stili possono esserlo, Ci volle molto tempo prima che la nuova moda architettonica venisse adottata oltralpe. Avvenne a opera di nobili e principi che erano stati in Italia e desideravano mantenersi all'altezza dei tempi. Gli architetti spesso si piegarono solo apparentemente alle esigenze del nuovo stile. Per dare prova della loro dimestichezza con le nuove idee mettevano qui una colonna, là un fregio: aggiungevano, qualche elemento classico alla ricchezza dei motivi ornamentali. Ma il corpo vero e proprio ell'edificio rimaneva immutato. Vi sono chiese, in Francia, in Inghilterra e in Germania nelle quali i pilastri che reggono la volta sono camuffati, grazie all'aggiunta di capitelli, in modo da sembrare colonne, pur sussistendo le vetrate gotiche con tutte le loro triine architettoniche, l'arco acuto ha ceduto il posto all'arco a tutto sesto.
Pierre Sohier. Coro di Saint-Pierre a Caen, 1518-1545
Vi sono chiostri sostenuti da colonne bizzarre a forma di bottiglia, castelli turriti e irti di contrafforti ma ricchi di particolari classici, case a frontoni con fregi e statue classiche.
Jan Wallot e Christian Sixdeniers. La vecchia Cancelleria ("Le Greffe") a Bruges, 1535-1537
Un artista italiano, convinto della perfezione delle regole classiche, avrebbe distolto come orrore lo sguardo da simili cose, rinunciando a misurarle con criterio pedantemente occidentale, spesso possiamo ammirare l'ingegnosità e lo sspirito con cui quanti stili incongruenti vennero fusi.
Nel caso degli scultori e dei pittori, elementi singoli come colonne o archi. Solo i pittori minori potevano accontentarsi di mutuare una figura o un gesto da un'incisione italiana di cui fossero venuti casualmente a conoscenza. Un vero artista si sarebbe sforzato di capire fino in fondo i nuovi principi dell'arte per poi decidere se applicarli o meno. L'opera del maggior artista tedesco, Albrecht Dürer (1471-1528), che fu sempre consapevole dell'importanza vitale di tali princìpi per l'avvenire dell'arte.
Albrecht Dürer era figlio di un orafo di fama, venuto dall'Ungheria a stabilirsi nella florida città di Norimberga. Da ragazzo mostrò una straordinaria disposizione al disegno, e alcune sue opere di quel periodo ci sono state conservate. Venne messo come apprendista nella più importante bottega di pale d'altare e xilografie, quello del maestro Michael Wolgemut di Norimberga. Finito il tirocinio seguì il costume di tutti i giovani artisti medievali e viaggiò per ampliare le sue vedute e per cercare un posto dove stabilirsi. Da tempo desiderava visitare la bottega del maggiore acquafortista del tempo, Martin Schongauer, ma arrivato a Colmar, trovò che il maestro era morto qualche mese prima. Si trattenne un pò con i fratelli di Schongauer, che avevano assunto la direzione della bottega, e poi si ercò a Basilea, in Svizzera, centro culturale ed editoriale, dove eseguì incisioni in legno per libri. Proseguì poi per l'Italia settentrionale e, attraversanndo le alpi, tenne sempre gli occhi bene aperti su quanto gli accadeva di vedere, esegu' acquerelli di caratteristici luoghi alpini e studiò le opere di Mantegna. Tornato a Norimberga, per sposarsi e aprire una propria bottega, era padrone di tutte le raffinatezze che un artista nordico poteva sperare di acquistare nel Sud. Possedeva ben più di una semplice conoscenza tecnica della sua difficile arte di essere dotato di quella profondità di sentimento e vivacità di fantasia proprie del grande artista. Fu una serie di grandi xilografie per l'Apocalisse di san Giovanni. Fu un immediato successo. Le terrificanti visioni degli orrori del giorno del Giudizio, cui i segni e i portenti che lo precedono, tannta forza e tanta potenza. La fanntasia di Dürer e l'interesse del pubblico fomentarono l'irrequietudine generale e alimentarono il malcontento contro le istituzioni della Chiesa maturato in Germania verso la fine del medioevo, e destinato a sfociare nella riforma luterana. Le tetre visioni degli avvenimenti apocalittici avevano assunto per Dürer e per il suo pubblico un interesse particolare, credevano di dover assistere al compimento di quelle profezie.
Albrecht Dürer. San Michele e il drago. 1498
La figura mostra un'illustrazione dell'Apocalisse. Dürer scartò tutte le pose tradizionali cui erano ripetutamente ricorsi i pittori per rendere iin modo elegante la lotta di un eroe contro un nemico mortale. Il San Michele di Dürer, è mortalmente serio, usa entrambe le mani per conficcare con uno sforzo sovrumano la lancia nella gola del dragone, e il suo geso possente domina tutta la scena. Gli altri angeli guerrieri, arcieri e schermitori i lotta con i morti diabolici, il cui aspetto fantastico sfida qualsiasi descrizione. Sotto questo celeste campo di battaglia si stende un paesaggio tranquillo e sereno segnato dal famoso monogramma di Dürer.
Dürer nnon si accontentò di questa conquista. I suois studi e i suoi schizzi mostrano che suo scopo era anche contemplare la bellezza della natura e copiarla con pazienza e fedeltà quanto nessun altro artista. Alcuni di questi studi di Dürer sono diventati famosi, per esempio la sua lepre (9), o il suo acquerello di una zolla erbosa.
Albrecht Dürer. Zolla erbosa. 1503
Albrecht Dürer. Lepre. 1502
Dürer riteneva che fosse il modo migliore di presentare in maniera persuasiva gli episodi sacri che doveva illustrare in pitture, incisioni e xilografie. Quella medesima pazienza che gli consentiva disegnare gli schizzi, faceva di lui altresì l'incisore nato.
Albrecht Dürer. Natività. 1504
Nella sua Natività, del 1504 Dürer riprese il tema di Schongauer, aveva rappresentato nella sua mirabile incisione. L'artista più vecchio si era già valso della possibilità di rappresentare con particolare amore i muri sacri della stalla cadente. La vecchia fattoria con l'intonaco sbrecciato e le togeole divelte, le macerie su cui crescono gli arbusti, gli assi decrepiti che fungono da tetto e fra i quali nidificano gli uccelli: tutto è reso con tale tranquilla e contemplativa pazienza da farci sentire quanto piacesse all'artista quella vecchia pittoresca bicocca. Le figure sembrano vramente minuscole e quasi insignificanti: Maria che ha cercato rifugio nnnell vecchia stalla ed è inginocchiata dinanzi al Bambino, e Giuseppe che è intento a trarre acqua del pozzo e a versarla meticolosamente in una stretta brocca. Nello sfondo uno dei pastori, in cielo il tradizionale anngelo che annuncia al mondo la lieta novella. La fattoria con i suoi umili ospiti crea una tale atmosfera di idillica pace che ci invita a meditare il miracolo della notte di Natale con lo stesso stato d'animo devotamente pensoso che ispirò l'incisione. Dürer pare aver sommato e perfezionato tutte le possibilità aperte dall'arte gotica dopo che questa aveva puntato verso l'imitazione della natura. Ma al tempo stesso la sua mente era occupata a studiare le nuove mete cui tendevano gli artisti italiani. C'era un fine: la rappresentazione del corpo umano nel pieno di quella bellezza ideale che gli aveva conferito l'arte classica. Qui Dürer doveva presto scoprire che ogni mera imitazione della natura, non sarebbe mai bastata a creare l'elusiva bellezza propria delle opere d'arte meridionali. Raffaelo si era richiamato a una "certa idea" di bellezza che aveva in mente, l'idea che aveva assimilato negli anni dedicati allo studio della scultura classica e dei bei modelli. Dürer non solo aveva minori opportunità di studi ma mancava di una ferma tradizione o di un istinto infallibile che lo guidasse. Andò alla ricerca di una ricetta sicura, di una ragola trasmissibile e certa, capce di insegnare che cosa costituisce il bello nel corpo umano: negli inseriti degli autori classici sulle proporzioni ideali della figura. Egli intendeva, dare all'empirismo dei suoi predecessori (che avevano creato vigorose opere d'arte senza una chiara conoscenza delle regole) una conveniente base teorica. Dürer intento a sperimentare le varie regole della proporzione, vederlo deformare le proporzioni della struttura in corpi troppo allungati o troppo larghi, alla ricerca del giusto equilibrio della giusta armonia. Fu l'incisione di Adamo ed Eva, in cui egli incarnò tutte le sue nuove idee sulla bellezza e l'armonia, e che orgogliosamente firmò per esteso, in latino: ALBERTUS DÜRER NORICUS FACIEBAT.
Albrecht Dürer. Adamo ed Eva. 1504
L'artista sta parlando un linguaggio familaire di quello dell'esempio precedente. Le armoniose figure cui pervenne, mediante misurazioni ed equilibri ottenuti con l'aiuto del complesso e della squadra, non hanno né l'evidenza né la bellezza dei modelli italiani e classici. Questo lieve senso di impaccio scompare però ben presto se ci si rende conto che Dürer non ha rinnegato il suo vero io per servire nuovi ideali, come fecero certi artisti minori. Se ci lasciamo tranquillamente guidare da lui nel paradiso terrestre dove il topo riposa tranquillo accanto al gatto. il cervo, la mucca, il coniglio e il pappagallo non temono l'approccio del passo umano, nel folto del bosco dove cresce l'albero della scienza e il serpente proge a Eva il frutto fatale, mentre Adamo tende la mano per riceverlo, Dürer rilevi il chiaro contorno dei corpi dolcemente modellati che si stagliano sull'ombra densa della foresta dagli alberi rugosi, questo tentativo di trapiantare nel Nord gli ideali del Sud ci riempie di ammirazione.
Un anno dopo aver pubblicato l'incisione se ne andò fino a Venezia per allargare il suo orizzonte e approfondire maggiormente i segreti dell'arte del Sud.
Dürer scrisse una frase che mostra quanto egli sentisse il contrasto fra la sua condizione d'artista stretto dai rigidi ordinamenti delle corporazioni di Norimberga e la libertà di cui godevano i colleghi italiani. Dapprima, dovette contrastare e discutere con ii ricchi borghesi di Norimberga e Francoforte come qualsiasi altro artigiano. Dovette promettere loro di usare soltanto i colori più scelti per le sue pale e di stenderli a più strati. Ma a poco a poco la sua fama si allargò e l'imperatore Massimiliano, si assicurò i servigi di Dürer per molti i suoi ambiziosi progetti. A cinquant'anni, Dürer si recò in visita nei Paesi Bassi vi fu ricevuto con tutti gli onori. Lui stesso raccontò, come i pittori di Anversa lo onorassero nella loro corporazione con unbanchetto solenne "e, quando mi condussero alla tavola, la gente mi faceva ala come a un gran signore, e fra di essa molte persone di importanza si inchinavano tutte con profonda umiltà". Anche nei Paesi del Nord gli artisti più famosi avevano vinto quei pregiudizi che inducevano a disprezzare chi compiva un lavoro manuale.
Uno scrittore del XVII secolo accenna piuttosto confusamente a un certo Mathias Grünewald di Aschaffenburg. Egli fa una luminosa descrizione di alcuni dipinti di questo "Correggio tedesco", e da allor ain poi queste e altre pitture attribuite allo stesso grande artista vanno generalmetne sotto l'etichetta "Grünewald ". Certe pitture attribuite al maestro portano le iniziali "M.G.N.", e poiché un pittore Mathis Gothardt Nuthardt è noto per essere vissuto e aver lavorato nelle vicinanze di Aschaffenburg quasi contemporaneamente a Dürer, si ritiene oggi che questo fosse il nome vero del grande maestro. Mentre Dürer ci sta innanzi come un essere vivo i cui gusti, abitudini, credenze e maniere ci sono intimamente noti, Grünewald costituisce per noi un mistero pari a quello di Shakespeare. Noi sappiamo tante cose sul conto di Dürer proprio perché egli si considerva un riformatore e un rinnovatore dell'arte nazionale. Rifletteva su ciò che faceva e sul perché lo faceva, teneva nota dei suoi viaggi e delle sue ricerche e scriveva libri utili alla sua generazione. Il pittore dei capolavori di Grünewald vedeva sé stesso in questa luce. I dipinti che di lui possediamo sono pale d'altare concepite sullo stiile tradizionale per chiese di provincia grandi e piccole. Per quanto riguarda le grandi scoperte dell'arte italiana gli fossero certamente familiari, se ne valse solo fin dove gli parevano adattarsi alla sua personale concezione dell'arte. L'arte per lui non era ricerca delle segrete leggi della bellezza, e come tutta l'arte religiosa del medioevo non poteva venire concepita se non come un sermone figurato che illustrasse le sacre verità insegnate dalla Chiesa. La parte centrale della pala d'altare di Isenheim, mostra come egli abbia sacrificato ogni altra considerazione a questo fine supremo.
Grünewald. Crocifissione. 1515
Non c'è traccia di bellezza, in questa raffigurazione forte e spietata del Salvatore crocifisso. Come un predicatore della Passione, Grünewald non risparmiò nulla pur di esprimere gli orrori della crudele agonia: il corpo moribondo di Cristo è deformato dalla tortura della croce; le spinde dei flagelli penetrano nelle ferite suppuranti che ricoprono l'intera figura. Il sangue rosso scuro contrasta nettamente con il verde smorto della carne, Cristo crocifisso esprime il significato della sua sofferenza attraverso le fattezze e il gesto commovente delle mani. La sua soffereza si riflette sul gruppo tradizionale di Maria, in vesti vedovali, che sviene fra le brccia di San Giovanni Evangelista al quale il Signore l'ha affidata; e nella figura più piccola di santa Maria Maddalena con il suo vaso di unguenti, che si troce le mani disperata. Sull'altro lato si erge la figura possente di san Giovanni Battista con l'antico simbolo dell'agnello che porta la croce e versa il suo sangue nel calicce della Santa Comunione. Egli addita il Salvatore con un gesto austero e imperioso, e accanto a lui sono scritte l parole che pronuncia "Bisogna che egli cresca e io diminuisca".
L'artista voleva che lo spettatore meditasse queste parole, poiché le sottolinea con il gesto indicativo di Giovanni Battista. Voleva renderci visibilmente come Cristo debba farsi più grande e noi più piccoli. In questo dipinto c'è un gesto irreale e fantastico: le figure hanno proporzioni assai diverse. Basta paragonare le mani di santa Maria Maddalena sotto la croce con quelle di Cristo pre renderci pienamente conto della loro sorprendente diversità di dimensioni. Risalendo deliberatamente ai principi dei pittori primitivi e medievali che variavano la dimensione delle figure a seconda della loro importanza nel quadro. Come aveva sacrificato la "piacevolezza" al messaggio spirituale che la pala doveva esprimere, così non curò la nuova esigenza delle proporzioni esatte, perché in tal modo esprimeva meglio la mistica verità delle parole di san Giovanni.
L'opera di Grünewald ci può ricordare ancora una volta che l'artista può essere veramente grande senza essere "progressista", la grandezza dell'arte non sta nelle nuove scoperte. Grünewald, dimostrò di conoscerle, ogni qualvolta potevano servirgli a esprimere ciò che aveva in mente. E come usò il pennello per raffigurare il corpo moribondo e tormentato di Cristo, lo usò su un altro pannello per esprimere la raffigurazione al momento della resurrezione in un soprannaturale splendore paradisiaco .
Grünewald. Resurrezione. 1515
Cristo sembra appena sorto dalla tomba lasciandosi dietro una scia di luce raggiante, e il sudario riflette i raggi multicolori dell'aureola. C'è un netto contrasto fra il Cristo risorto e i gesti sprovveduti dei soldati stesi a terra che, si divincolano con violenza nelle armature. E poiché non è possibile valutare la distanza tra il primo piano e lo sfondo, e le loro forme distorte non fanno che dare rilievo alla calma serena e maestosa del corpo trasfigurato di Cristo.
Il terzo illustre tedesco della generazione di Dürer Lucas Cranach (1472-1553), fu artista estremamente promettente. In gioventù passò molti anni nella Germania meridionale e in Austria. Questo giovane pittore veniva sedotto dalle alture del settentrione con le loro antiche foreste e i paesaggi romantici. In un quadro del 1504 Cranach rappresentò la Sacra Famiglia che durante la fuga in Egitto, in uuna regione montagnosa e boschiva, si sta riposando vicino a una sorgente. E' un incantevole bosco, selvaggio e solitario. Schiere di angioletti sono riuniti attorno alla Vergine: uno offre bacche al Bambino Gesù, un altro attinge acqua con una conchiglia, altri ancora cercano di rianimare gli esuli stanchi con un concerto di flauti e zampogne.
Lucas Cranach. Riposo durante la fuga in Egitto. 1504
Alla corte di Sassonia (famosa per i sentimenti di amicizia nei confronti di Martin Lutero) Cranach diventò pittore elegante e alla moda. Il pittore Albrecht Altdorfer di Regensburg (1480-1538) si avventurò in boschi e montagne per studiare la forma delle rocce e dei pini flagellati dalle intemperie. Molti dei suoi acquerelli e acqueforti e almeno uno dei suoi dipinti a olio non narrano né episodi né contengono figure.
Albrecht Altdorfer. Paesaggio. 1526-1528
I Pesi Bassi, negli anni delle prime decadi del Cinquecento, non produssero tanti grandi maestri come nel Quattrocento. Gli artisti che, come Dürer in Germania, si sforzarono di assimilare la nuova scienza erano spesso intimamente comabbattuti tra la fedeltà ai vecchi canoni e l'amore per i nuovi.
Mabuse. San Luca ritrae la Vergine. 1515
La figura mostra un esempio caratteristico del pittore Jan Gossaert, detto Mabuse (1478-1532). San Luca evangelista era pittore di mestiere: per questo viene qui rappresentato nell'atto di ritrarre la Vergine e il Bambino. Mabuse dipinse queste figure seguendo rigidamente le tradizioni di Jan van Eyck e dei suoi seguaci ma l'mabientazione risulta del tutto diversa: sembra quasi che il pittore voglia dare prova della sua conoscenza delle conquiste italiane, di abilità nella prospettiva scientifica; di dimestichezza con l'architettura classica e padronanza del chiaroscuro. Ne risulta un quadro privo della semplice armonia di modelli nordici e italiani.
Nella cttà olandese di Hertogenbosch (Boosco Ducale) viveva un pittore che venne poi chiamato Hieronymus Bosch. Non sappiamo che età avesse quando morì, nel 1516, nel 1488 divenne un maestro autonomo. Come Grünewald, Bosch mostrò che la tradizione e le conquiste pittoriche, grazie alle quali erano state create opere profondamente concrete, potevano essere usate per così diire a rovescio, e offrirci un quadro ugualmente plausibile di cose mai viste da occhio umano. Diventò famoso per le spaventose rappresentazioni delle potenze malefiche. Il tetro re Filippo II di Spagna nutrì una predilezione speciale per questo artista che si era tanto occupato della malvagità dell'uomo.
Hieronymus Bosch. Paradiso e Inferno. 1510
Le figure mostrano gli spoortelli di un trittico da lui acquistato, tutt'ora in Spagna. Nel primo (a sinistra) assistiamo all'invasione del mondo da parte del male. La creazione di Eva è seguita dalla tentazione di Adamo ed entrambi vengono collocati nel paradiso, mentre in alto nel cielo vediamo la caduta degli angeli ribelli, che sono scaglliati giù come uno sciame di insetti ripugnanti. Sull'altro sportello è rappresentata una visione dell'inferno. Un orrore dietro l'altro, fuochi e torture e ogni genere di paurosi demoni che stanno fra l'animale, l'uomo e la macchina, e tormentano e infieriscono per l'eternità sulle povere anime peccatrici. Un artista era riuscito a dare forma concreta e sensibile ai terrori che avevano pesato come un incubo sull'uomo del medioevo. Lo spirito moderno aveva provvisto l'artista dei mezzi necessari a rappresentare ciò che vedeva.
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