IL NEOCLASSICISMO
ALLE RADICI DELL'ARTE NEOCLASSICA
Damosseno. Antonio Canova.
Per l'ennesima volta nella storia della cultura europea si riparte dall'antichità classica, ma rispetto alle altre diverso il contesto storico.
Roma e Parigi sono alla base di questa nuova ripresa: la prima come centro degli studi rinnovati sull'arte classica, la seconda come sede ideale del rinnovamento culturale portato dall'illuminismo.
Roma "specchio vivente del mondo"
Fu Roma il centro di elaborazione delle nuove teorie ispirate a una ripresa di motivi e di ideali desunti dalla classicità greco-romana.
Nella "città eterna" convennero, poco oltre la metà del Settecento e soprattutto dopo la salita al trono pontificio (1740) di Benedetto XIV, parecchi intellettuali avevano a cuore lo studio dell'arte romana. Era quello un momeno di grande sviluppo dell'archeologia, sia a Roma che in molte altre lòocalità (a Pompei e ad Ercolano dal 1748), anche fuori dall'Italia come in Grecia e nel Vicino Oriente.
La reazione al Barocco
Questa ripresa classicistica si connotò soprattutto come reazione allo stile barocco, contrapponendo ai soggetti piacevoli ed edonistici temi di maggiore impegno e ai virtuosismi e agli illusionismi pittorici degli effetti più misurati, basati sulla compostezza della linea e della stesura uniforme del colore.
Ogni forma di artificiosità doveva essere sostituita da un "bello ideale", sensibile alla natura, ma anche a quella sublimazione e purificazione del reale che proprio all'artista è consentita.
Alla base c'è una concezione estetica ben differente rispetto al passato, per cui all'arte si venne a chiedere una prevalente fianalità edicativa,un contributo al miglioramento dell'individuo e della società.
L'influsso dell'Illumismo
Il giuramento del Jeu de Paume il 20 giugno 1789
Questi aspetti vennero rafforzati li sviluppi dell'Illuminismo, per cui venne accentuandosi la dimensione dell'impegno da parte dell'artista, chiamato a svolgere, una funzione determinante nell'orientare i singoli ad assumersi le proprie responsabilità e ad affrontare con stoico coraggio le proce della storia. L'arte non poteva ridursi a una ricerca del bello, ma doveva svolgere una funzione etica e civile. Per raggiungere questo scopo l'arte deve adottare un linguaggio semplice, di grande efficacia comunicativa e di chiarezza iconografica, in modo che il menaggio morale e "politico" possa risultare immediato. Ne deriva un'impressione di freddezza o di eccessiva compostezza, lontana da quell'idea di immediatezza che la cultura romantica considerò poi essenziale per l'arte.
La scoperta dell'antico e il "Grand tour"
Goethe nella campagna romana
Un ruolo rilevante per gli sviluppi del Neoclassicismo venne assunto dalla riscoperta a partire dalla metà del secolo, di Ercolano e di Pompei, sepolta dall'eruzione vesuviana del 79 d.C. Ne risultò incentivato anche il viaggio verso l'Italia, il cosiddetto "Grand tour", proprio per il fascino di località che permettevano un incontro diretto con il passato.
I viaggiatori, antiquari, mercanti, collezionisti, eruditi di varia estrazione e gli artisti stessi, ansiosi di confrontarsi con una produzione sentita come emblematica e confacente alle presenti trasformazioni del gusto.
Si sviluppò un'intensa attività pubblicitaria mirante a catalogare e riprodurre, con l'ausilio del disegno e dell'incisione, i tesori che via via venivano portati alla luce, i sontuosi otto volumi di "Le Antichità di Ercolano esposte", frutto del lavoro dell'Accademia Ercolanense fondata dal re Carlo III e usciti tra il 1757 e il 1792.
Gli affreschi e i bronzi, erano in genere riprodotti in maniera molto accurata,e quando una qualche aura settecentesca veniva a ridurre la fedeltà dell'immagine, facilitava un motivo tra i decoratori.
In Europa si diffuse, grazie alla circolazione delle opere di catalogazione e riproduzione dei reperti, un nuovo gusto, ispirato all'antico, definito in Francia "à la greque", largamente impiegato nelle arti decorative, in particolare nei mobili di arredamento.
Le testimonianze, determinarono il fiorire di simili iniziative di scavo e di studio, in altre località non solo italiane, in particolare in Grecia e in Medio Oriente. Ciò nonostante fu soprattutto a Roma che l'infatuazione per l'antico favorì l'elaborazione degli ideali neoclassici.
Due teorici del Neoclassicismo
Si rivelò determinante, l'inconro a Roma, poco oltre la metà del Settecento di due figure emblematiche: l'archeologo storico dell'arte Johann Joachim Winckelmann e il pittore e scrittore d'arte Anton Raphael Mengs.
La "nobile semplicità" di Winckelmann
La "storia dell'arte antica" di Winckelmann, pubblicata nel 1764, che si può dire abbia inaugurato la moderna storia dell'arte. L'arte antica non è infatti più considerata un tutto unico, ma viene seguita in un percorso evolutivo, diverso in quattro fasi, dallo stile greco primitivo a quello di imitazione perdurante fino alla tarda età romana.
L'influsso più determinante per gli sviluppi dell'estetica neoclassica è quello che Winckelmann esercitò con la sua teoria della superiorità dell'arte greca, in quanto improntata a una nobile semplicità e tranquilla bellezza che diventano i connotati universali del Bello.
Mengs e il concetto di imitazione
Il Parnaso Anthon Raphael Mengs. 1750-1760
Anche Mengs pittore ufficiale di Carlo III a Madrid (1761-1771), sostenne un'idea di bello come rispetto rigoroso di regole, come imitazione dei grandi maestri e come scelta di quanto in natura è "il meglio e il più utile".
Il Parnaso dipinto ad affresco nella volta della galleria di Villa Albani a Roma (1760-1761).
Le citazioni puntuali dall'Antichità, anche dalle sculture, si affiancano all'omaggio a Raffaello, tutto è risolto in superfici e la nota più vivace è data dalle due danzatrici sulla sinistra, riprese da un dipinto pompeiano.
Lo stesso Mengs si collocava la punto finale di un recupero classicistico che toccava le varie tappe della tradizione pittorica italiana.
Trasferitesi a Roma nel 1761 e divenuto amico di Mengs, anche l'italiano Francesco Milizia, pur non essendo in grado di elaborare un'estetica sistematica, favorì con le sue opere ("Le vite dé più celebri architetti" del 1768; "Principi di architettura civile", del 1788) un'idea di architettura ispirata alla semplicità dell'arte greca e romana (con esclusione della fase imperiale,sentita come eccessivamente monumentale), attenta alle esigenze della comunità, finalizzata soprattutto alla "pubblica felicità". Milizia si riallacciava, nella condanna degli eccessi del Barocco e del Rococò, al pensiero di Carlo lodoli, che aveva sostenuto i principi di un'architettura funzionalistica e razionale, e riprendeva anche il classicismo di Francesco Algarotti, il letterato che cercava di equilibrare la sua propensione per la modernità con il riconoscimento della superiorità degli antichi.
https://www.facebook.com/MadameVrath/
https://twitter.com/MadVrath
https://plus.google.com/u/0/+MadameVrath
https://it.pinterest.com/madamevrath/